a cura di Giulia Romano

Sono ancora con gli occhi incantati a contemplare la bellezza dei mosaici di Santa Maria Maggiore. Dovrei uscire, ma mi sovviene il ricordo che il 18 febbraio 1564 morì Michelangelo Buonarroti. E con ciò? ci si domanderà.
Allora per capire il prolungarsi della mia sosta in Basilica dobbiamo tornare a parlare di lui, del più grande artista del Rinascimento italiano. Quel giorno morì nella sua modesta casa romana che sorgeva laddove oggi si trova il monumento a Vittorio Emanuele II° (Piazza Venezia), assistito dal carissimo amico Tommaso dé Cavalieri.

La salma portata a Firenze fu inumata nella Basilica di S. Croce a Firenze, e quando ci si trova davanti al suo sepolcro monumentale sembrano aleggiare i versi meravigliosi di Ugo Foscolo:
… A egregie cose il forte animo accendono l’urne de’ forti……. e bella e santa fanno al peregrin la terra che le ricetta. Io quando il monumento vidi….. ….e l’arca di colui che nuovo Olimpo Alzò in Roma a’ Celesti; ….
Abbiamo già incontrato il Michelangelo pittore e scultore ma gli ultimi decenni di vita sono caratterizzati da un progressivo abbandono della pittura e scultura, esercitata solo in occasione di opere di carattere privato.
Prendono consistenza, invece, numerosi progetti architettonici e urbanistici, anche se molti di essi vennero portati a termine in periodi successivi alla sua morte.
Difficile stabilire con esattezza quale sia stata l’ultima opere del “ terribile vecchio “ : di quel Michelangelo che a ottantotto anni era ancora in pieno vigore artistitco e creativo e dava prova di una genialità più drammatica e certo non inferiore a quella della sua piena giovinezza.
Basta pensare che nei suoi ultimi anni dedicò tante cure al progetto dell’innalzamento della Cupola di S. Pietro e al completamento di Palazzo Farnese, due tra le più grandiose moli che abbelliscono la Roma monumentale, disegnò l’originalissima Porta Pia, concepì, con uno dei più maestosi progetti di tutto il Rinascimento, la trasformazione in chiesa (S. Maria degli Angeli) e convento per i Padri Certosini delle Terme di Diocleziano (imperatore della fine del III sec D.C.).

Quanti altri ultrottantenni possono vantare una simile energia creatrice?
Nemmeno il pur grande Tiziano, che lavorò fin quando a peste lo portò via (1490-1576) ma non più con la meravigliosa facilità della giovinezza; nemmeno il pur attivissimo Gian Lorenzo Bernini (1598-1680).
C’è un solo paragone da fare, in un altro campo dell’arte: Giuseppe Verdi (1813-1901), l’altro grandissimo (terribile e adorabile) vecchio che, a ottant’ anni compiuti, creò la sua ultima opera “ Falstaff “ e quindi, quasi a riposarsi, le stupende armonie degli ultimi “Quattro Pezzi Sacri“ (Ave Maria, Stabat Mater, Laudi alla Vergine, Te Deum).
E molti altri sarebbero i contatti fra i due più grandi e nobili vegliardi non solo dell’arte italiana, ma di tutta l’arte universale. Ma tornando a Michelangelo e al suo ultimo capolavoro e alla mia prolungata sosta in Basilica: è proprio al suo interno troviamo la mirabile “ Cappella Sforza di S. Maria Maggiore“, indicata come il suo testamento artistico e spirituale. Quest’ opera di altissimo livello fu cominciata nel1564, l’anno della sua morte.

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