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Sant’Eligio e, come recita un detto scherzoso: “Sant’Alò che prima morì e poi si ammalò“. 
Questo detto viene usato per motteggiare i malati immaginari che muoiono per la paura di ammalarsi.
eligio_1Ma perché Sant’Alò? Probabilmente da Saint Elois, perché egli nacque nel 588 in Francia, presso Limoges dove poi apprese, in maniera eccelsa, l’ arte dell’oreficeria, tanto che sotto il regno di Clotario II (6°/7°sec. della dinastia merovingia) fu nominato monetiere della corona.
La tradizione racconta che alla morte del re Clotario, il successore Dagoberto I° gli avrebbe commissionato un trono e per eseguirlo gli fu dato molto oro.
L’oro era talmente tanto che, anziché tenere per sé il metallo avanzato, non esitò a fonderlo in un secondo trono. Il monarca, colpito dalla sua perizia e rettitudine, lo nominò direttore della zecca e orafo di corte e successivamente ambasciatore.
Grande promotore dell’arte orafa, eseguì molte opere sacre anche per Notre Dame, Saint Denis, l’Abbazia di Chelles. Alla morte del sovrano scelse la vita religiosa. Consacrato vescovo nel 641 della Diocesi di Noyon (Belgio), si dedicò senza sosta alle opere di carità: conversione dei pagani germani, riscatto degli schiavi, fondazione di chiese, ospedali, monasteri, promosse il culto dei santi di cui rinvenne alcuni corpi e di cui realizzò i rispettivi reliquiari. Morì nel 660. eligio_2
Venerato santo ebbe grande popolarità nel Medio Evo.
Una leggenda narra che gli si presentò il diavolo vestito da donna: e lui, Eligio, rapido lo agguantò per il naso con le tenaglie.
Questo colorito racconto è raffigurato in due cattedrali francesi (Angers e Le Mans) e nel Duomo di Milano, con la vetrata quattrocentesca di Niccolò da Varallo.
Nel bel quadro di Petrus Christus, pittore fiammingo (olio su tela 98x85) del 1449 ora conservato al Metropolitan Museum di New York, Eligio è raffigurato nella sua bottega, circondato dai suoi strumenti di lavoro tipici dell’epoca e da oggetti di oreficeria sacra e di gioielli, così da offrire una visione degli interni delle antiche botteghe orafe.
Patrono dei numismatici, orafi, veterinari, maniscalchi (si racconta che avrebbe riattaccato la zampa ad un cavallo. Ancora oggi il 1° dicembre, in alcune località francesi e italiane, a ricordo dell’evento, si effettua la benedizione dei cavalli).
A Roma, nel quartiere Regola, che si sviluppa intorno a una parte di via Giulia e che si estende da Piazza Campo dei Fiori a Piazza Farnese, luogo ricco di monumenti e ricordi d’arte, si trova la piccola via di S. Eligio, in fondo alla quale sorge, vera gemma del Rinascimento, la chiesa di S. Eligio degli Orefici.eligio_3
Come narra a metà ottocento F. Gregorovius, famoso storico medievalista tedesco nella sua “Storia della città di Roma nel Medioevo“: da lungo tempo esisteva a Roma la Corporazione degli Orefici e Argentieri...
Divenuta Università degli Orafi e Argentieri nel 1509, la Corporazione si stabilì nella casetta cinquecentesca (oggi ancora appartenente al Collegio degli Orefici) detta “Casa del cantone” per la sua posizione ad angolo della strada, e da dove promosse la costruzione della piccola chiesa dedicata al collega e patrono S. Eligio. Nel giugno dello stesso anno, il pontefice Giulio II° della Rovere ne autorizzò la realizzazione attigua alla casetta.
Il progetto fu affidato a Raffaello Sanzio. È d’obbligo, adesso, soffermarci sulla figura di colui che abbiamo già visto essere il più grande pittore del Rinascimento.
Egli nacque a Urbino il venerdì santo del 6 aprile 1483 e morì il venerdì santo del 6 aprile 1520, a soli 37 anni e, in così poco tempo quali e quanti capolavori ci ha lasciato!
Versatile, come tutti i grandi artisti del suo tempo, si dedicò a tutte le arti compresa l’architettura e non solo; infatti il papa Leone X, nel 1514, morto il Bramante, gli affidò la direzione della fabbrica di San Pietro e, inoltre, lo elesse a Prefetto delle antichità (1°sovraintendente ai beni culturali della storia) e fu in questo ultimo suo periodo che realizzò il progetto della chiesa di S. Eligio.
La sua tomba è al Pantheon, sormontata dalla Madonna del Sasso, scolpita dal suo allievo Lorenzetto, presenta nel fronte del sarcofago un bellissimo e struggente distico in latino scritto, dopo la sua morte, dall’amico carissimo Cardinale Pietro Bembo, finissimo letterato e umanista che così recita: 
“Qui è quel Raffaello da cui fin che 
Visse, Madre Natura temette 
Di essere superata e quando morì 
Temette di morire con Lui“
Nel progetto la facciata è così come la vediamo; è a due ordini con un bellissimo portale d’ingresso, nel travertino originale del 1551 (nonostante i molti rifacimenti dovuti alla grande umidità a cui tutta la chiesa è stata soggetta) sormontato da un timpano triangolare e dell’iscrizione posta nella ricostruzione del 1620.
L’edificio presenta all’interno una spazialità raccolta e armoniosa. La planimetria è a croce greca con abside sul fondo, cupola poggiante su un tamburo rotondo che insiste su quattro pilastri centrali e sormontata da un’elegante lanterna su cui si aprono otto finestre. Il pavimento, di metà ottocento, è composto di lastre di marmo bianco e bardiglio (marmo grigio e nero delle Alpi apuane) recuperate dalla chiesa di S. Paolo fuori le mura, distrutta dall’incendio del 1823.
eligio_4Il progetto brilla dello spirito che sempre animò Raffaello architetto, come si evince da una sua lettera al papa Leone X: “...all’ occhio nostro piace la perfezione del circulo et vedesi che la natura non cerca quasi altra forma...
E il ritmo regolare e sereno risuona, come in tutte le sue opere, di architettura e pittura.
Sale di grado in grado il diapason delle voci dal basso dove, le interruzioni delle linee sono lente e soffocate, verso la cupola e diventa sonoro.
Questo fluttuare di linee e di penombre negli angoli, crea un moto circolare che avvolge e riposa sul suo principio pittorico e architettonico che traduce il suo ideale di bellezza.
La costruzione fu realizzata dal 1516 al1583 dagli architetti Baldassarre Peruzzi e Aristotile da Sangallo.eligio_5
Meravigliosi gli affreschi, quelli dell’abside sono i più antichi, risalenti intorno al 1575: La Madonna con Gesù e i santi Eligio, Stefano, Giovanni e Lorenzo è di Matteo da Lecce. Taddeo Zuccari è l’autore degli affreschi: Dio Padre sorreggente il Cristo in croce, i Profeti, gli Apostoli, la Pentecoste. Sugli altari laterali, affreschi barocchi della prima metà del 1600, a sinistra un’adorazione dei pastori di Giovanni de Vecchi e a destra un’adorazione dei Magi di Francesco Romanelli detto il Raffaellino autore anche delle Sibille raffigurate sui pennacchi accanto ai due altari laterali.
Altri arredi sono: il monumento funerario di Giovanni Giardini di Forlì accademico e argentiere dei Palazzi Apostolici del 1722 e la lapide posta nel 1730 in memoria di Bernardino Passeri orafo, morto combattendo valorosamente contro i lanzichenecchi durante il terribile sacco di Roma del 1527.
Da notare il pregevole affresco che si trova sul prospetto esterno della “casa del cantone“ raffigurante S. Eligio vescovo del XVIII secolo. •


Info: la chiesa è visitabile dal lunedi al venerdi dalle 10 alle tredici, citofonare al civico n. 7
tel. 06 868960

Questo ed altri articoli sul numero di Ottobre 2018 (presente in archivio)
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