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Ultime notizie
di Armando Caropreso

europa603Dopo mesi di sterili quanto dannose sfide contro l’Europa per la Legge di Bilancio concluse con una resa totale, fatta passare però per una vittoria dell’orgoglio nazionale dal nostro Governo, è il caso di dare uno sguardo più sereno e realistico alle vicende interne.
L’Europa da tempo è divenuta il capro espiatorio di tutti i mali e certamente ha le sue responsabilità dovute all’eccessiva e miope rigidità dei parametri economici/ austerità, ma soprattutto all’incapacità di esprimere e imporre agli stati membri politiche unitarie e lungimiranti su temi fondamentali, quali immigrazione e politica estera, affrontati in ordine sparso e opportunistico dai singoli Stati.
Un esempio per tutti, la lotta più o meno sotterranea tra noi e la Francia sulla questione libica. Le necessarie riforme dovrebbero essere l’obiettivo dei politici e non la distruzione dell’Europa, perseguita in modo più o meno subdolo, che tanti benefici ha comportato.
I guai dell’Italia in Europa sono atavici e ce li portiamo dietro da sempre. Fior fiore di studiosi ne hanno descritto le origini, ma nessuno o pochi di quelli che ci hanno governato ha veramente avviato una soluzione degna di nota; sovente hanno tappato buchi ma non hanno mai intaccato i privilegi, perché questi avrebbero finito per toccare la loro base elettorale e il loro potere reale.
europa603_1Noi arriviamo tardi ad essere uno Stato Unitario, tra l’altro con una lotta intestina senza esclusione di colpi e tradimenti, persino con annessioni e manipolazione di voto, con appropriazioni di ricchezze, sia di tipo finanziario che intellettuale-industriale, seguito poi da una grande farsa dello sviluppo del Sud.
In questo contesto, la conoscenza della storia e la geografia economica avrebbero dovuto giocare un ruolo d’indirizzo verso uno sviluppo che tenesse conto delle esigenze delle varie realtà popolari, unitamente alla vocazione messa a disposizione dalla natura alla nostra terra, stretta, lunga, montagnosa e nello stesso tempo debole e vulcanica, ma con una costa bellissima. Si è invece scelto di non unire culturalmente ed economicamente il popolo di questa nazione, ma di permettere di mantenere divisioni tra Nord/ Sud/ Centro, tra le due grandi isole Sicilia e Sardegna e, dulcis in fundo, tra alcune realtà persino linguistiche.
Tali scelte hanno massimizzato la divisione e l’egoismo di fondo già in pectore. Non è stata favorita una vera solidarietà di popolo, un orgoglio, una unità e una difesa verso l’esterno, senza renderci conto che questa frammentazione ci rendeva tutti più deboli.
Le svalutazioni monetarie servivano a salvare temporaneamente la finanza e quella presunta rete industriale, fatta di poche grandi industrie e di tante piccole e deboli; poi anche queste manovre sono risultate inefficaci e allora abbiamo lasciato mano libera di governare ai capitalisti e populisti, facendo accordi e leggi che sovrastano gli interessi e la vita del popolo, perché è stata data libertà ai capitali di muoversi ovunque loro convenisse e ci fosse un utile, indipendentemente da dove questi utili e capitali avessero trovato origine e sviluppo.
Oggi ci troviamo di fronte al grosso problema dell’Autonomia delle Regioni, senza contare quella dei piccoli Comuni che scelgono a quale regione limitrofa appartenere, secondo convenienza. E che dire della frammentazione Sanitaria e di quella Scolastica: medicinali e servizi sanitari e ospedalieri sono resi o negati ai cittadini, a seconda di dove abitano. Ma non è tutto, i nostri nuovi governanti proseguono sulla strada dell’autonomia anziché invertire la rotta e presentano nuovi progetti che prevedono di lasciare in loco tra l’80 e il 90% della tassazione fiscale. Se questo progetto venisse accolto, avremmo una Italia sempre più divisa e debole, con un Sud sempre più povero e arretrato e un Nord, forse, più ricco. Forse, perché Capitali esteri stanno facendo acquisti dei nostri gioielli industriali, dei marchi e dopo averli ben sfruttati li abbandonano, inservibili, con tante famiglie senza lavoro, figli senza prospettive al punto tale che solo l’emigrazione è l’unica strada percorribile. L’alternativa: la fame, il sotto salario per lo più in nero.
europa603_2Venti anni fa un dipendente con anzianità e livello professionale medi, con il suo stipendio riusciva a far vivere discretamente una famiglia con due figli, mentre oggi non può neppure pagare un fitto di casa idonea a quattro persone. In queste condizioni serve a poco fare professione di solidarietà verso chi ha più bisogno, perché il populismo dei nostri governanti porta la gente a rinchiudersi nella propria sopravvivenza, visto anche la scarsa copertura del livello pensionistico, e stimola rancore, divisioni ed esclusioni di tutti i tipi.
Anziché parole servono fatti che diano la prospettiva di una riduzione del debito pubblico, che non debba poi pesare sui figli e sui futuri pensionati; un rilancio industriale che abbia certezza di essere concorrenziale sul mercato.
E questo non perché ce lo chiede l’Europa, ma perché vitale per il nostro Paese, gravato da un enorme debito pubblico, che genera interessi altissimi da pagare a chi ci presta i soldi.
L’altro aspetto, importante sebbene tecnico, è quello di aver inserito il pareggio di Bilancio in Costituzione, così che non abbiamo più nessuna elasticità.
Invece fior fiore di economisti hanno insegnato che nei momenti peggiori serve che lo Stato intervenga a sostegno dell’economia per rilanciare la ripresa.
Non è una contraddizione con le tesi fin qui esposte perché il rilancio della economia tramite gli interventi Statali, dovrebbe consentire poi la ripresa economica con conseguente taglio del debito pubblico. Ma in Italia questo non pare mai essere avvenuto, diversamente dagli USA.
L’auspicio è che le regole siano regole per tutti e che l’avvicendarsi dei Governi non tocchi i principi basilari del “buon governo dello Stato”; l’altalena dei comportamenti genera insicurezza e quindi inaffidabilità, mentre il mercato vuole continuità e sicurezza dei propri investimenti.
Dunque, bisogna avere più Europa riformata opportunamente e non il contrario, tenuto anche conto delle sfide globali, delle interconnessioni commerciali e dei grandi blocchi esistenti che finirebbero per schiacciare i nostri statarelli se piccoli, divisi e contrapposti. Finiamola di essere la Cenerentola dell’Europa perché nessuno ci incoronerà principessa senza la scarpetta di vetro. •



Questo ed altri articoli sul numero di Febbraio 2019 (presente in archivio)
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