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"Ogni nascita riempie di stupore perché
è filosoficamente apertura al possibile"

di Elio Franzini
ordinario di EStetica e retture dell'Università Statale di Milano


vita3_1Di fronte alla nascita ci si pone in atteggiamento di gioia. Un medico, un neurologo, uno scienziato senza dubbio ci direbbero che, quando si incontra un bimbo, nelle persone si scatena una reazione fisiologica “positiva”, che induce alla “cura”.
Vi è infatti qualcosa di istintuale nel contemplare lo schiudersi di una nuova vita e, nel guardare un bambino, ogni bambino, sorge il desiderio di assisterlo, curarlo, proteggerlo. E certamente qualcosa di insito nella nostra struttura genetica oltre che nella psiche: ma, al di là di ciò, non si può non osservare che tali reazioni sono come potenziate nell’atteggiamento di attesa insito nella nascita.
L’aspettativa è sempre connessa a un sentimento forte e radicato, generalmente associato a una sensazione di piacere, la cui fonte è la novità, un “novum” che si apre di fronte a noi, il senso di uno sviluppo che spezza la staticità che nel quotidiano sembra a volte attanagliare le nostre vite. Il bambino induce un senso di sviluppo: un essere che prima non c’era, subito si forma, cresce, diviene. Una realtà nuova che è “figlio”, sempre legato a un atto di amore, partecipazione, condivisione.
vita3_2Anche al di là del fatto, la presenza di un bimbo rimanda alla positività dell’unione tra due persone. E l’amore - lo si vede sempre nella storia e ovunque nel mondo - è connesso alla sensazione di piacere: quel piacere che deriva dalla ricerca di una completezza da cui ci sentiamo così spesso lontani. In questo motivo, tra gli altri, si pone la rilevanza estetica della nascita, che sempre tocca e cambia le nostre vite. Il lato estetico peral-tro è anche legato alle fattezze dei neonati. Senza richiamare il filosofo Burke, che nel Settecento associava la bellezza alla piccolezza, il piccolo appare bello anche perché i suoi caratteri fisici hanno una particolare indeterminatezza: l’assenza di una forma compiuta non è vissuta infatti come incompletezza, bensì come archetipo del possibile, immagine in divenire di una tenerezza nuova - quella stessa che nell’arte appare sempre nelle Maternità - che genera quell’insieme di sentimenti che parlano di bellezza, di pace, di calma, di gratitudine, di speranza.
In questo senso la nascita è un’opera d’arte, quasi in senso aristotelico: quel che reca in sé un senso di potenzialità, cioè di possibilità di divenire, è più ricco di bellezza rispetto a ciò che è già definito, a un fatto chiuso e determinato. La necessità della vita apre qui un indefinito che è senso del possibile, un senso che si apre al mondo, che si schiude verso l’altro. La natività è forse la più filosofica delle categorie, perché non ci pone innanzi a un dato immutabile, ma di fronte a una realtà indubitabile e carnale, che è però al tempo stesso un’apertura.
È il mistero della vita. È la realtà nuova: non qualcosa di chiuso, definito e pertanto accantonabile, bensì, come la poesia - ed è il tema fondamentale - un’apertura al possibile. E, così come la poesia è espressione del “poiein”, del “fare”, allo stesso modo il bambino costituisce una possibilità che si apre, una continua scoperta.
E, attraverso un bimbo, ciascuno di noi ha la possibilità di riscoprire il mondo.
vita3_3E se la nascita di una nuova vita è novità, la novità provoca stupore, e lo stupore è il momento germinale della civiltà ma anche della filosofia. Lo sostiene Aristotele: il filosofare nasce dallo stupore, dal senso di meraviglia che si prova di fronte al mondo, perché deriva dal desiderio di dare una veste razionale all’emozione. Così comincia il pensiero: nasce dalla meraviglia.
Se non ci si meravigliasse più non vi sarebbe più la dimensione di carattere filosofico, né teorico. Ecco dunque che ogni nuova nascita, dal punto di vista laico, si presenta come una sorta di miracolo.
E questo è il miracolo: che una creatura intelligente possa in così breve lasso di tempo crescere, svilupparsi, acquisire conoscenze. Ci si stupisce sempre, di fronte a ogni bimbo. È un miracolo sempre nuovo: qualcosa che prima non c’era, e poi c’è. La scienza ha già spiegato tanti misteri associati al sorgere della vita e al suo sviluppo. Ma per quanto possa addentrarsi in queste spiegazioni, non toglierà mai lo stupore. Perché il nostro rapporto con l’universo del vivente precede l’universo delle spiegazioni. E questa precedenza deve rimanere sempre viva. La ragione può essere forte se, e solo se, non elimina i nostri sentimenti, il nostro sentire.
Non può mai cancellare la capacità di vivere la meraviglia che il mondo genera. •


 
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