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I ragazzi arrivarono all’oratorio con la grazia di palle di cannone. Dopo pochi secondi, piccoli esseri urlanti inseguivano e scalciavano palloni di ogni forma e colore.
Un pallone si alzò altissimo, fino alla vetrata più alta della chiesa.
Si sentì un debole tintinnio e un frammento di vetro colorato cadde per terra. Naturalmente nessuno ci badò.
La domenica mattina, durante la Messa delle dieci, bambini e adulti seguivano la celebrazione con l’abitudinaria flemma.
Don Sergio aveva invano cercato di scuotere la sua pigra assemblea. Ma quello che non erano riusciti a fare le sue parole lo stava per fare un forellino poco più grande di una moneta da due euro nella vetrata più alta della chiesa.
«Scambiatevi un segno di pace» disse don Sergio, al momento giusto.
Valentina, 8 anni, si voltò per “dare la pace” a chi stava alle sue spalle. Incrociò la faccia corrucciata della signora Variale, la più acida e criticona della parrocchia.
Valentina non si perse di coraggio, tese la mano e sorrise. In quel preciso istante, un raggio di sole scoccò dal foro nella vetrata e, preciso come un faro, le illuminò il volto. La signora Variale ne fu scombussolata. Quel volto luminoso e gentile la colpì al cuore. Uscì di chiesa con la voglia di cantare.
racconto20202Si diresse, come tutte le domeniche, all’edicola per acquistare il giornale. Per la prima volta in quarant’anni, sorrise a Michele, il giornalaio.
«Dovremmo tutti dirti un gigantesco grazie per il prezioso servizio che rendi a tutta la comunità. Grazie!» Michele quasi si commosse, ma da quel momento la sua giornata, che aveva sempre trovato così pesante, gli sembrò leggera che era una meraviglia.
Così, quando arrivò Giuseppe, il tassista più imbronciato della città, Michele gli scoccò il più cordiale e comprensivo dei suoi sorrisi e disse: «Certo, è dura la tua vita, dal mattino alla sera in mezzo al traffico. Te ne serve di forza!» Un attimo di sorpresa e anche Giuseppe si sgelò e cominciò a conversare con il giornalaio come fosse stato il suo più vecchio amico.
Quando l’avvocato Ferri salì sul taxi di Giuseppe con la valigetta e la borsa traboccante di carte, Giuseppe lo salutò con gentilezza, tanto da lasciarlo a bocca aperta. «All’aeroporto... Così domattina posso incominciare subito». In un altro momento Giuseppe avrebbe chiuso la comunicazione.
Non quella domenica e continuò: «Non la invidio, dottore. Rinuncia alla domenica con i suoi figli e sua moglie. A proposito, quei tre frugoletti si stanno facendo dei bei ragazzi...» «Già. E vero...» borbottò l’avvocato Ferri a disagio. Il tono di Giuseppe era cordiale e pieno di sincero calore: «Proprio l’età in cui il papà è importante». L’avvocato esitò un attimo, poi disse deciso: «Lo sa che lei ha ragione? Mi riporti a casa! A Roma andrò domani...».
Il sorriso e la felicità con cui la signora Ferri e i tre ragazzi accolsero il papà inorgoglì Giuseppe, che si sentì quasi un missionario che aveva appena convertito un intero villaggio di pagani.
Come loro, in quella domenica, un bel po’ di gente si sentì più felice. E solo per una pallonata contro una vetrata e un raggio di sole. •
(B.F.)

Questo ed altri articoli sul numero di Febbraio 2020 (presente in archivio)
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