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Nello Spirito di Don Orione - Cenacoli di Carità
Noi viviamo in un secolo che è pieno di gelo e di morte nella vita dello spirito.
Tutto chiuso in se stesso, nulla vede che piaceri, vanità e passioni e la vita di questa terra, e non più. Chi darà vita a questa generazione morta alla vita di Dio, se non il soffio della carità di Gesù Cristo? La faccia della terra si rinnovella al calore della primavera; ma il mondo morale solo avrà vita novella dal calore della carità. Noi dobbiamo, dunque, chiedere a Dio non una scintilla di carità, come dice l’imitazione di Cristo, ma una fornace di carità da infiammare noi e da rinnovellare il freddo e gelido mondo, con l’aiuto e per la grazia che ci darà il Signore. Avremo un grande rinnovamento cattolico, se avremo una grande carità. Dobbiamo, però, incominciare a esercitarla oggi tra di noi, a coltivarla nel seno dei nostri istituti, che debbono essere veri cenacoli di carità. Nemo dat quod non habet: non daremo alle anime fiamme di vita, foco e luce di carità, se prima, non ne saremo accesi noi, e molto accesi. Questo ed altri articoli sul numero di Febbraio 2020 (presente in archivio) puoi ricevere il Periodico direttamente a casa contattaci qui: Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo. o qui : Contatti Riflessioni - Sguardi aperti su un umanesimo tutto da scoprire
di Eraldo Affinati
Per secoli abbiamo concepito la lettura come uno stadio superiore della conoscenza associando prima il codice miniato, poi il libro stampato, alla concentrazione e al rigore richiesti da un’attività mentale in grado di razionalizzare, attraverso i sistemi verbali, la nostra esperienza della realtà. Oggi sembra non essere più così: non solo e non tanto perché, pur sapendo che l’accesso ai tesori del passato è incredibilmente cresciuto grazie alla rivoluzione digitale, riserviamo ai testi un’attenzione sempre più sporadica e frammentaria.
La sensazione è che, lo dico in modo intuitivo e grossolano partendo dalla mia storia di insegnante, non da scienziato, stia cambiando la percezione della frase scritta, come se leggere con gli strumenti di oggi facesse entrare in gioco parti del cervello che un tempo erano meno sollecitate.
Attenzione: non si tratta di un regresso.
Al contrario: la qualità culturale di questa formidabile apertura sullo scibile umano, trascorso presente e futuro, pare essere unica nelle millenarie vicende della specie cui apparteniamo. Un giovane oggi, anche se economicamente povero e svantaggiato, grazie alle possibilità di cui dispone, potrebbe dispiegare il proprio talento come mai accaduto. Non dimentichiamo il tempo in cui, per trovare un libro, ad esempio di letteratura italiana, dovevamo scendere da casa e andare in biblioteca. Adesso basta cliccare sulla tastiera. Siamo di fronte a un mutamento antropologico di portata epocale: ne sono coinvolti i sentimenti, gli affetti, i valori morali, la tradizione, l’arte, il linguaggio, l’educazione, ovviamente la scuola e la famiglia. Rispetto alla dimensione di tale stravolgimento, avvenuto nel giro di un paio di decenni, quindi con rapidità davvero imprevedibile, certi temi che salgono spesso alla ribalta mediatica, se preferire la lettura sul cartaceo o puntare tutto sull’ebook, se finanziare le librerie o favorire la grande distribuzione, assomigliano a piccole escrescenze, semplici iceberg sotto i quali si nasconde una questione ben più ampia e complessa. La sfida dei prossimi anni potrebbe essere quella di trasferire e tradurre nel nuovo sistema ermeneutico determinato dalla globalizzazione informatica i caratteri e le sensibilità dell’antica tradizione umanistica: insomma leggeremo sempre con uguale profitto la Divina Commedia, Guerra e pace e Moby Dick, ma lo faremo con inedita intensità emotiva e interpretativa, in forme etico-estetiche che al momento non possiamo prevedere. • Questo ed altri articoli sul numero di Febbraio 2020 (presente in archivio) puoi ricevere il Periodico direttamente a casa contattaci qui: Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo. o qui : Contatti La Voce del Padre: L’uomo è creato a vivere in comunione con Dio
Il desiderio di Dio è scritto nel cuore dell’uomo, perché l’uomo è stato creato da Dio per Dio; Dio non cessa di attirare a sé l’uomo e soltanto in Dio l’uomo troverà la felicità che cerca senza posa.
«Il nostro cuore è inquieto» — dice Sant’Agostino — «fino a quando non riposa in te». La ragione più alta della dignità dell’uomo consiste nella sua vocazione alla comunione con Dio. Fin dal suo nascere l’uomo è invitato al dialogo con Dio, da Lui sempre per amore è conservato e vive pienamente secondo verità solo se lo riconosce liberamente ed a Lui si affida. Dio creò tutti gli uomini, perché abitassero sulla terra. Per essi ha stabilito l’ordine dei tempi e i confini del loro spazio, perché cercassero Dio, se mai arrivano a trovarlo andando come a tentoni, benché non sia lontano da ciascuno di noi. In lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo. Ma questo intimo e vitale legame con Dio può essere dimenticato, misconosciuto e perfino esplicitamente rifiutato dall’uomo. Tali atteggiamenti possono avere origini assai diverse; la ribellione contro la presenza del male nel mondo, l’ignoranza e l’indifferenza religiosa, le preoccupazioni del male del mondo e delle ricchezze, il cattivo esempio dei credenti, le correnti filosofiche del pensiero ostile alla religione, e infine la tendenza dell’uomo peccatore a nascondersi per paura davanti a Dio e a fuggire... alla sua chiamata. Dopo il primo peccato, Adamo sentì il bisogno di nascondersi, ma Dio gli va incontro e lo chiama: «Dove sei?» Rispose: «Ho sentito i tuoi passi nel giardino: ho avuto paura perché sono nudo e mi sono nascosto» (Gn. 3). Ecco il penoso stato di chi si è allontanato da Dio. Prima era in comunione con Dio, parlava, riceveva ordini, li eseguiva con gioia, ora ha paura. Avere paura è proprio di chi è nel peccato; Adamo riconosce la sua situazione spirituale, fa la sua confessione, sa di avere perso il dono della sua felicità, ma spera nel profondo della sua coscienza, e il Padre buono non lo abbandona a se stesso, gli fa’ la tunica di pelle per sé e per la moglie. L’uomo rimane con questa sete di Dio e lo cerca dappertutto. Può trovarlo nel creato, libro parlante dell’onnipotenza divina. Sant’Agostino «interroga la bellezza della terra, del mare, dell’aria rarefatta e dovunque espansa; interroga la bellezza del cielo... interroga tutte queste realtà. Tutte ti risponderanno: guardaci pure ed osserva come siamo belle. La loro bellezza è come un inno di lode. Ora queste creature, così belle ma pur mutevoli, chi le ha fatte se non uno che è più bello in modo immutabile?». L’uomo, con la sua apertura alla verità e alla bellezza, con il suo senso del bene morale, con la libertà e la voce della coscienza, con la sua aspirazione all’infinito e alla felicità, si interroga sull’esistenza di Dio. In queste aperture egli percepisce i segni della propria anima, del «germe dell’eternità che porta con sé, che ritrova la propria origine in Dio solo» (cfr. C.V. 11° G.S.). La Chiesa insegna che il Dio unico e vero, nostro Creatore e Signore, può essere conosciuto con certezza attraverso le sue opere, grazie alla luce naturale della ragione umana. Ma Dio, nella sua infinita bontà e misericordia si è rivelato personalmente all’uomo per rispondere alla sua costante sete di infinito Amore. • don Sebastiano Plutino Questo ed altri articoli sul numero di Febbraio 2020 (presente in archivio) puoi ricevere il Periodico direttamente a casa contattaci qui: Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo. o qui : Contatti Il Racconto - Tutto per una pallonata
I ragazzi arrivarono all’oratorio con la grazia di palle di cannone. Dopo pochi secondi, piccoli esseri urlanti inseguivano e scalciavano palloni di ogni forma e colore.
Un pallone si alzò altissimo, fino alla vetrata più alta della chiesa. Si sentì un debole tintinnio e un frammento di vetro colorato cadde per terra. Naturalmente nessuno ci badò. La domenica mattina, durante la Messa delle dieci, bambini e adulti seguivano la celebrazione con l’abitudinaria flemma. Don Sergio aveva invano cercato di scuotere la sua pigra assemblea. Ma quello che non erano riusciti a fare le sue parole lo stava per fare un forellino poco più grande di una moneta da due euro nella vetrata più alta della chiesa. «Scambiatevi un segno di pace» disse don Sergio, al momento giusto. Valentina, 8 anni, si voltò per “dare la pace” a chi stava alle sue spalle. Incrociò la faccia corrucciata della signora Variale, la più acida e criticona della parrocchia. Valentina non si perse di coraggio, tese la mano e sorrise. In quel preciso istante, un raggio di sole scoccò dal foro nella vetrata e, preciso come un faro, le illuminò il volto. La signora Variale ne fu scombussolata. Quel volto luminoso e gentile la colpì al cuore. Uscì di chiesa con la voglia di cantare. Si diresse, come tutte le domeniche, all’edicola per acquistare il giornale. Per la prima volta in quarant’anni, sorrise a Michele, il giornalaio. «Dovremmo tutti dirti un gigantesco grazie per il prezioso servizio che rendi a tutta la comunità. Grazie!» Michele quasi si commosse, ma da quel momento la sua giornata, che aveva sempre trovato così pesante, gli sembrò leggera che era una meraviglia. Così, quando arrivò Giuseppe, il tassista più imbronciato della città, Michele gli scoccò il più cordiale e comprensivo dei suoi sorrisi e disse: «Certo, è dura la tua vita, dal mattino alla sera in mezzo al traffico. Te ne serve di forza!» Un attimo di sorpresa e anche Giuseppe si sgelò e cominciò a conversare con il giornalaio come fosse stato il suo più vecchio amico. Quando l’avvocato Ferri salì sul taxi di Giuseppe con la valigetta e la borsa traboccante di carte, Giuseppe lo salutò con gentilezza, tanto da lasciarlo a bocca aperta. «All’aeroporto... Così domattina posso incominciare subito». In un altro momento Giuseppe avrebbe chiuso la comunicazione. Non quella domenica e continuò: «Non la invidio, dottore. Rinuncia alla domenica con i suoi figli e sua moglie. A proposito, quei tre frugoletti si stanno facendo dei bei ragazzi...» «Già. E vero...» borbottò l’avvocato Ferri a disagio. Il tono di Giuseppe era cordiale e pieno di sincero calore: «Proprio l’età in cui il papà è importante». L’avvocato esitò un attimo, poi disse deciso: «Lo sa che lei ha ragione? Mi riporti a casa! A Roma andrò domani...». Il sorriso e la felicità con cui la signora Ferri e i tre ragazzi accolsero il papà inorgoglì Giuseppe, che si sentì quasi un missionario che aveva appena convertito un intero villaggio di pagani. Come loro, in quella domenica, un bel po’ di gente si sentì più felice. E solo per una pallonata contro una vetrata e un raggio di sole. • (B.F.) Questo ed altri articoli sul numero di Febbraio 2020 (presente in archivio) puoi ricevere il Periodico direttamente a casa contattaci qui: Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo. o qui : Contatti |