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In Diretta dal Movimento - Orientati alla Santità
2 - 6 Gennaio 2019 – Raduno Tra Noi Giovani
I preparativi ci sono e, cominciando con un po’ di anticipo, già dalla mattina del 2 Gennaio si sente l’aria elettrica dell’attesa.
Noi organizzatori sappiamo che stanno per arrivare una cinquantina di ragazzi (l’orda...), prevalentemente dalla Calabria e Basilicata, pronti a momenti di svago, riflessione e preghiera, finalizzati ad una “chiacchierata” orientata alla Santità... perché forse è questo che i ragazzi di oggi non sanno bene... perché in fondo un ragazzo oggi, bombardato da mille stimoli, a un certo punto della sua giovanissima vita si chiede: “ma io che devo fa’?”.
Devi orientarti alla Santità, caro… che non vuol dire essere tonti… il Santo Padre preme tanto questo pulsante, forse proprio perché si è persa un po’ la dimensione della Santità.
Per fare un percorso adiacente a quello del Sinodo, e freschi di documento, ci si è basati in una rilettura dell’Instrumentum Laboris, applicato proprio dai giovani, protagonisti delle scelte da fare, delle parole da dire.
E così, guidati dai responsabili, dalle attività, dalla Congregazione Orionina, questi ragazzi hanno affrontato, nella cornice di una Roma ancora addobbata e abbastanza fredda, varie tematiche della propria sfera quotidiana.
Come ogni volta, i ragazzi sanno sorprendere, perché spesso il loro punto di vista riesce a capovolgere la situazione e, dove sembra che tutto sia ormai stabile e concreto, può arrivare quella spinta da una frase messa li, che destabilizza il tutto. Ecco quindi che anche per il responsabile, per l’organizzatore, per il diacono o il Sacerdote, il raduno diviene momento di confronto e crescita reciproca.
La sfida è cogliere quell’urlo nascosto nei silenzi di quei tanti ragazzi che non si sentono ascoltati, come se parlassero senza riuscire a far sentire la voce. Le tante domande, le provocazioni sono quella “chiave di violino” che libera la melodia; sentirsi parte di un vissuto, di rapporti veri e profondi è l’esigenza che tutti mostrano.
La ricchezza che si percepisce dagli occhi dei ragazzi, anche da quelli più scalmanati, apre orizzonti in cui costruire sulla roccia non è utopia, ma speranza.
Il luogo dell’incontro rende possibile quel dialogo di chi si sente amato, che assume la connotazione di responsabilità dell’altro, nell’essere chi dà voce a quel mondo che spesso si tiene silente.
Tutto – parola di ragazzi – si è svolto nell’ “ormai fisso clima di famiglia, dove ognuno si sente accolto e riesce a esprimere se stesso”, e cosa c’è di migliore se non sentirsi dire questo?
Accogliere l’altro nella promozione della persona significa proprio questo, permettere di essere esattamente ciò che si è nella propria dimensione progettuale realizzata da quel Dio che ci ha plasmati/generati col Suo Amore, così come Michelangelo ha tirato fuori, da un pezzo di marmo insignificante, il David.
I Responsabili del “Settore Giovani” •
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In un periodo in cui tutto è pervaso da un forte materialismo, eleviamo il nostro
sguardo verso le realtà spirituali e riscopriamo l’importanza degli angeli, che vedono
sempre la faccia di Dio (Mt 18,10): “Potenti esecutori dei suoi comandi” (Salmo 103,20).
Dal mondo biblico si apprende la totale irrapresentabilità del Divino.
Tuttavia “Ciò che è impossibile all’uomo è possibile a Dio“ (Lc 18, 27), quindi le creature angeliche sono rese visibili e, la loro abituale rappresentazione, deriva proprio dalla loro eccezionale visibilità.
Gli angeli, allora, diventano le ipostasi di tali visioni, per cui, se il Divino rimane aniconico, gli effetti sono iconici: immagine della divina trascendenza presagio del provvidenziale patrocinio.
Dal 2 ottobre del 1670 (per decisione di Papa Clemente X) si celebra la memoria dei Santi Angeli, quali angeli custodi. La loro esistenza è Dogma di Fede.
San Tommaso D’ Aquino (dottore della chiesa del 13° sec.), nella sua opera più famosa “Summa Theologicae”, sintetizza mirabilmente la gerarchia angelica.
Nove sono i cori degli spiriti celesti, divisi in tre ordini:
- Serafini, Cherubini, Troni;
- Dominazioni, Virtù, Potestà;
- Principati, Arcangeli, Angeli.
Il santo filosofo ne fa un’ampia e analitica illustrazione.
I mosaici della volta del Battistero di S. Giovanni Battista a Firenze (“il bel San Giovanni” citato da Dante nella Divina Commedia - Inferno XIX, 16- 18) sono un fulgido esempio di raffigurazione gerarchizzata di tutti e nove i cori angelici.
Ma gli Angeli hanno le ali? Vi è un fondamento biblico espresso per i Serafini (cap. 6° vers. 2° Isaia) e per i Cherubini (cap. 1° vers. 6° visione di Ezechiele). Nell’ Apocalisse i quattro “Esseri Viventi“ presso il trono di Dio hanno sei ali.
Comunque non sempre, nella tradizione iconografica angeli e arcangeli hanno avuto le ali. Ma già Q. S. F. Tertulliano (scrittore romano e apologeta cristiano nato a Cartagine 3° sec. D.C.), nel suo trattato “Apologeticum” considera le ali attibuite agli angeli come requisito per distinguerli da Cristo.
In ogni caso fondamenti biblici e modelli espressivi ellenistici (messaggeri alati degli dèi, vittorie alate ecc.) si sono fusi nella tarda antichità, dando luogo all’Arte Paleocristiana e, dal 4° secolo in poi, l’iconografia attribuisce alle figure angeliche le ali.
Non si può non ricordare l’apparizione a San Francesco D’ Assisi del Serafino in forma di Cristo Crocifisso in volo, che gli dona le stimmate sul monte Alverno mentre era in preghiera: scena tante volte ripresa dagli artisti di tutti i tempi. Portiamo l’esempio di un capolavoro assoluto: “Le Stigmate di San Francesco” di Giotto (1267-1337) 3x163 cm.), datato fine 13° sec., eseguito per la chiesa del convento di San Francesco a Pisa. È conservato al Louvre di Parigi, dove fu portato durante l’occupazione napoleonica.
La tavola cuspidata mostra, nella scena principale, il santo che riceve le stimmate da un Cristo sotto forma di un serafino alato e volante con le ferite che emettono raggi di luce e che vanno a colpire le rispettive zone del corpo di Francesco. Il color oro domina la composizione, spicca la monumentalità del Santo vistosamente più grande rispetto a tutto l’ambiente circostante: da notare l’intensità espressiva del volto modellato dalla luce in modo estremamente realistico, una novità rispetto alla tradizione di derivazione bizantina che voleva le figure ieratiche e frontali al centro dei dipinti.
Gli Angeli e gli Arcangeli, messaggeri di Dio, punto di incontro di tre culture Si parla degli angeli in varie forme in molte religioni, ma in maniera particolare nelle religioni che hanno tradizioni scritte come l’ebraismo, il cristianesimo e l’islamismo. È interessante notare in tutte e tre le culture un punto di sostanziale identità riguardo agli angeli. Nella loro fedeltà al Signore, essi hanno meritato di essere assegnati alla custodia del Paradiso e alle porte che ne danno l’accesso. Tale compito è già espresso nella Genesi; è il concetto della Terra Promessa riservata esclusivamente al popolo eletto ebraico; Gesù Cristo è Colui che parla di un regno preparato per i figli della luce, luogo degli angeli e aperto a tutti gli uomini. La tradizione coranica ha poi soffuso il concetto di Paradiso in una realtà sacrale riservata solo ai martiri e ai testimoni del credo mussulmano facendone un’esclusiva dimora per essi.
I più importanti nel coro angelico sono i tre Arcangeli: Michele, Gabriele, Raffaele. L’etimo deriva dal greco: àrchein= comandare e ànghelos = angelo, quindi sono a capo dei messaggeri divini che hanno una missione speciale a favore degli uomini.
Michele significa “chi è come Dio“. La chiesa lo riconosce “principe delle milizie celesti“, vigila sui figli del popolo e difensore degli amici di Dio; gli sono affidati i moribondi, affinché vengano da Lui difesi presso il tribunale divino e presentati in Paradiso.
Diffusissima è la devozione all’arcangelo Michele : la via Micaelica è l’antico e frequentatissimo itinerario di pellegrinaggio collegante Mont-saint- Michel, in Normandia, con S. Michele nel Gargano. In Italia e nel Lazio la devozione è molto viva, come testimoniano i molti luoghi di culto ed opere d’arte a lui dedicati: è, tra l’altro , patrono della polizia di stato e della brigata paracadutisti “Folgore“. A Roma, nella chiesa di S. Maria Immacolata Concezione dei cappuccini in via Veneto, vi è l’opera in assoluto più riprodotta, capolavoro del Barocco, emblema della Controriforma:
il “San Michele Arcangelo” di Guido Reni (1575-1642), olio su tela di seta (295x 202 cm.) datato 1635, commissionato all’artista dal cardinale Antonio Barberini (poi Papa Innocenzo X). Il dipinto raffigura l’angelo nell’atto di schiacciare col piede la testa di Satana. L’iconografia dell’opera è basata sulla visione di San Giovanni Evangelista descritta nell’Apocalisse. Una pittura argentea che raggiunge livelli di straordinaria delicatezza e mostra un sottile equilibrio nel mediare la purezza del divino con l’oscurità del vero. Morbidi panneggi colorati avvolgono il corpo sinuoso dell’angelo, il braccio destro è muscoloso e possente nell’impugnare la spada sottile e affilata. Appare la bellezza ideale del Santo, contrapposta alla scura brutalità del demonio, dallo sguardo così fortemente espressivo, testimone della sconfitta.
Gabriele: è “fortezza di Dio“ l’ambasciatore per eccellenza. Colui che apre all’Intellectus Fidei, arcangelo della comunicazione interiore, mostra agli uomini ciò che i loro cuori nascondono.
Nel Chiostro Maiolicato di Santa Chiara (detto anche delle clarisse, realizzato dal grande architetto Domenico Vaccaro nel 1739) a Napoli, in uno degli affreschi (di autore ignoto), l’arcangelo Gabriele è dipinto con uno specchio e una lanterna accesa a rappresentare proprio la luce spirituale.
Raffaele: è “Medicina di Dio“ che accompagnò e aiutò Tobia (Tobia 12, e San Giovanni 5,14). Sotto la sua protezione sono farmacisti, medici, ammalati, marinai e sposi novelli perchè è anche l’arcangelo dell’amore sponsale. Ne “L’Arcangelo Raffaele e Tobiolo” di Piero del Pollaiolo (1442- 1496), olio su tela (188x 119cm.) datato alla 2° metà del 15° sec. e conservato nella Galleria Sabauda di Torino, Raffaele è raffigurato mentre conduce a braccetto Tobia. Le sue ali sono rappresentate con estremo realismo e con un tratto che ne esalta il morbido piumaggio. Tobia è abbigliato in maniera elegante e reca in mano il pesce pescato nel Tigri.
L’angelo ha veste rosa e mantello bruno, la pittura mostra un tratto nervoso, incisivo, increspato e reso tumultuoso dal chiaro scuro.
Davanti a Raffaele il cagnolino citato nel passo biblico. L’arcangelo ha in mano una scatoletta contenente il fiele. Scatoletta che sarà poi sempre utilizzata come contenitore di medicinali e che è uno degli attributi di Raffaele.
Per concludere: gli arcangeli sono presenze distinte da Dio e dagli uomini. Gabriele si fa demiurgo spirituale; Raffaele si fa presenza medicinale nelle temperie della vita; Michele si fa difensore della fede contro il demonio. Sotto l’ala degli arcangeli si può, allora, disegnare un universo solcato dall’arcobaleno di Pace che coniuga la Terra al Cielo, così che l’umanità può elevarsi verso il Signore con “Ali di Aquila“. •
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La Gioia di Sentirsi Famiglia di Vito Cutro
Nell’ambito della formazione dedicata ai Tranoisti per l’anno 2018, particolare rilievo va dato al convegno famiglie, organizzato nei giorni 30 novembre - 2 dicembre scorsi nell’ambito del quale è stato vissuto un momento del tutto particolare nella giornata di sabato 1 dicembre, con la relazione tenuta dalla Prof.ssa Emilia Palladino, docente di “Etica della condizione femminile e della famiglia” e di “Pastorale alla luce del metodo della Dottrina sociale” nella Facoltà di Scienze Sociali, presso la Pontificia Università Gregoriana, ove, peraltro, ha conseguito il dottorato in Dottrina sociale della Chiesa nel 2012, con una tesi sul contributo dei fedeli laici al discernimento sulla realtà contemporanea.
Se qualcuno dei molti presenti si attendeva una semplice conferenza ‘cattedratica’ sul senso della famiglia e di come il lievito della gioia, che dovrebbe essere caratteristica peculiare del cristiano e, quindi, anche nella coppia che si unisce attraverso il sacramento del Matrimonio, debba essere il necessario supporto al suo sviluppo armonico, si è certamente ricreduto.
In circa due ore l’oratrice, sposa, madre e – nota di colore – laureata anche in Fisica con indirizzo in Cosmologia, non ha tenuto una conferenza, bensì, con la sua arte oratoria, scorrevole ed avvincente, ha illustrato la tipologia di famiglia nella quale ella crede con semplicità, chiarezza ed una suadente vocalità che ha saputo coinvolgere chi la ascoltava.
Ma sarà bene procedere con ordine e tentare di riassumere, brevemente, i tanti concetti proposti dalla sig.ra Emilia che hanno stuzzicato l’appassionato – ed in alcuni casi anche meravigliato - interesse degli ascoltatori.
Normalmente il cristiano relega la ‘gioia di essere’ in una dimensione spirituale, quasi sganciata dalla realtà. Ne consegue quello stato di irrequietezza che caratterizza anche la vita dei credenti.
Per l’oratrice, come prima cosa, è importante raggiungere, in particolare da parte di chi crede in un Creatore che continua ad incarnarsi anche nella propria vita, uno “stato costante di serenità”.
Tale stato di serenità dovrebbe venire automaticamente riversato, reciprocamente, tra l’uomo e la donna che, consapevoli di essere immagini di Dio, decidono di congiungere oltre che i loro corpi anche i loro cammini individuali. Sta proprio in questo la sperimentazione della gioia: la gioia di essere, la gioia del credere in un progetto comune, la gioia della coppia, la gioia di sentirsi ed essere famiglia, la gioia di donare la vita.
Alla base di un rapporto di famiglia e affinchè si possa parlare di gioia di sentirsi e di essere tale, deve essere chiaro e consapevole in che cosa consista il rapporto del dare/avere reciproco, nella piena consapevolezza di voler rinnovare costantemente, in se stessi, l’ “attività” del Sacramento del matrimonio.
Nel rapporto lei-lui non si dovrebbe mai parlare di dare all’altro qualcosa di proprio, ma di consentire all’altro di avere la sua gioia, di volere la sua felicità, il suo appagamento: da questa reciprocità di atteggiamento, amorevole e di concreta disponibilità, non può non scaturire che un innamoramento gioiosamente crescente e quotidiano.
Un riferimento costante è stato a quelle tre ‘parole’, che poi sono atteggiamenti della persona e del suo cuore, che papa Francesco ha spesso indicato come linea guida per una vita in comune: grazie, scusa, permesso. Si tratta, appunto, di tre atteggiamenti che, incarnati in ogni tipo di rapporto, ma soprattutto in quello della famiglia cristiana, consentono un ridimensionamento delle situazioni di difficoltà, un rasserenamento dalle nubi che inevitabilmente possono originarsi nella vita quotidiana, nel mitigare gli effetti di qualche malinteso o di qualche momento di tensione.
Nelle sue considerazioni l’oratrice ha fatto notevoli agganci all’Esortazione apostolica postsinodale “Amoris Laetitia”, data da papa Francesco nel 2016, in particolare a quei punti, contenuti nel Capitolo IV, là dove vengono evidenziati alcuni aspetti cardine della vita di coppia: l’amabilità (99-100), il dialogo (136-141), l’amore appassionato (142-164) e la dimensione erotica dell’amore (150-152).
Soffermarsi sulla considerazione di questi quattro particolari aspetti trattati dalla relatrice potrebbe esulare dallo scopo di questo articolo.
Ci basta invitare i lettori, oltre che ad andare a leggere i vari punti suindicati dell’Esortazione – e perché no? dell’intero testo -, a farne meditazione per le proprie esigenze.
Per quello che è il nostro intento basti dire che sono stati sviscerati ampiamente e trattati, alla stregua di tutte le altre considerazioni, con competenza, cultura e chiarezza, con ampi riferimenti anche al Magistero della Chiesa.
Una riflessione a tutto tondo che ha portato l’uditorio a scorgere nella relatrice una particolare enfasi mentre esponeva le varie argomentazioni, enfasi che ha confermato l’impressione di essere di fronte, come già accennato, non tanto ad una sterile oratrice, quanto ad una donna che, figlia, moglie e madre lavoratrice, ha raggiunto quello stato di “costante serenità”, di cui ella ha parlato, nella sua vita quotidiana e che desidera proporlo anche ad altri, dimostrando, Vangelo e documenti del Magistero alla mano, la giustezza delle sue argomentazioni.
Un richiamo particolare è stato rivolto alla necessità che si impari a distinguere l’amore “tra i due” e l’amore “in famiglia”: trovare momenti di vita e di vitalità nella coppia, senza per questo trascurare il resto. “Ricavatevi, in presenza di figlio/i, qualche vostro momento di serenità, di svago, di rilassamento: contribuirete a dare acqua ad una pianta che altrimenti può venir soffocata dalla costante routine quotidiana”.
Il rischio è quello di cadere nella ripetitività, nella monotonia, nell’essere vittime degli eventi, nel disinteresse: aspetti questi che, piuttosto che rafforzare il legame di coppia, corrono il rischio di logorarlo al punto di condurlo verso la rottura mentale prima e fisica poi. L’esistenza diviene, quindi, un succedersi di formalismi e di consuetudini che portano a quella scarsa vitalità individuale e di coppia necessaria per dare anche una testimonianza della gioia e dell’amore condiviso.
Ovviamente gli effetti positivi di queste brevi, ma intense, ‘oasi di serenità’ non potranno far altro che rafforzare il legame di coppia e, soprattutto, contribuire all’unità e alla gioia della famiglia.
D’altro canto, una delle fondamentali cause per cui molti giovani non si sposano, è da ricercarsi nella scarsa credibilità data dai propri genitori e da tante coppie che si dicono cristiane, ma che tralasciano di considerare alla base della loro unione e, quindi, del loro essere famiglia, la sacralità del sacramento del Matrimonio.
Non tutto ciò che è ideale di vita deve essere relegato nel mondo dell’ideale, in particolare nei rapporti di coppia.
E se si vuol fare un dono a se stessi, dobbiamo “salire di tono” giorno dopo giorno concedendoci, con senso di responsabilità, un innalzamento del livello della nostra esistenza verso quegli ideali di vita che noi stessi reputiamo importanti realizzare affinchè la nostra vita sia vissuta degnamente e pregna di quella gioia di essere e sentirsi famiglia. E ci vuole poco a salire di tono: basta porsi degli ideali che non siano soltanto fantastici, ma che possano essere tradotti in realtà viva ed operante nel proprio contingente.
A conclusione del suo intervento la professoressa Paladino ha lanciato una sfida ai presenti con la seguente affermazione: “Ogni Matrimonio è una storia di Salvezza, che lascia spazio ad una realtà più forte, rendendosi a vicenda più uomo e più donna… con la vocazione a far crescere l’altro!”
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Nel pomeriggio, a compendio della mattinata, pregna di significati e di entusiasmo, con animo grato alla signora Emilia, sono state riportate alcune testimonianze di coppie tranoiste, provenienti da varie località, con una tavola rotonda coordinata da don Fernando Fornerod, Consigliere Generale della Piccola opera della Divina Provvidenza – Opera Don Orione.
Un breve inciso per notare che la figura di san Luigi Orione è stata costantemente presente in questa giornata, sia perché figura di riferimento per lo stesso Movimento Tra Noi, sia perché buona parte dei partecipanti è legato, in modo più o meno prossimo, alle opere che vengono curate dai religiosi dell’Opera Don Orione, tra le quali può essere certamente annoverato anche il Tra Noi, fondato, come certamente i lettori sapranno, da don Sebastiano Plutino, che a pieno titolo ha fatto parte della stessa Opera.
Dalle risonanze pomeridiane sono emersi alcuni aspetti peculiari della concretezza e della durezza della vita quotidiana che, però, se affrontate come momenti significativi del nostro cammino verso la santità, che il buon Dio riserva a tutti noi, e con un sano discernimento, non diventano momenti di scoraggiamento e tristezza, ma momenti di edificazione spirituale e di testimonianza di fede e di credibilità.
Il pomeriggio della domenica successiva si è svolto, nella cappella Borghesiana di Santa Maria Maggiore, dopo una molto partecipata santa Messa, presieduta dal Vescovo Giovanni D’Ercole, il consueto atto di affidamento del cuore a Maria. Al di là e, se mi è consentito, al di sopra anche di altri momenti significativi del Convegno famiglie 2018, l’atto di affidamento è stato quest’anno particolarmente significativo per tutte le famiglie presenti stante e grazie anche ai suggerimenti proposti dalla professoressa Emilia che, ce lo vogliamo augurare, non vorrà mancare a futuri coinvolgimenti che dal Tra noi le saranno certamente rivolti. •
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Non sottovalutate mai il potere delle vostre azioni. Un giorno, quando andavo alle superiori, vidi un ragazzo della mia classe che stava rientrando a casa dopo la scuola. Il suo nome era Alberto e sembrava stesse portando tutti i suoi libri a casa. Pensai: «Perché mai uno dovrebbe portarsi a casa tutti i libri di Venerdì? Deve essere un ragazzo strano». Durante il tragitto vidi un gruppo di ragazzini che correndo lo spinsero facendolo cadere nel fango. I suoi occhiali volarono via, li vidi cadere nell’erba un paio di metri più in là. Lui guardò in su e vidi una terribile tristezza nei suoi occhi. Mi commosse. Così mi incamminai verso di lui mentre stava cercando i suoi occhiali. Raccolsi gli occhiali e glieli diedi. Alberto mi guardò e disse: «Grazie!»
C’era un grosso sorriso sul suo viso, era uno di quei sorrisi che mostrano vera gratitudine. Lo aiutai a raccogliere i libri e gli chiesi dove abitava. Scoprii che viveva vicino a me. Parlammo per tutta la strada e lo aiutai a portare alcuni libri. Restammo in giro tutto il week end e più lo conoscevo più Alberto mi piaceva, così come piaceva ai miei amici. Nei successivi quattro anni, io e Alberto diventammo amici per la pelle. Una volta adolescenti cominciammo a pensare all’Università. Alberto sarebbe diventato medico mentre io mi sarei occupato di scuole di atletica. Alberto era il primo della nostra classe e io l’ho sempre preso in giro per essere un secchione. Devo ammetterlo. Qualche volta ero un po’ geloso!
Alberto doveva preparare un discorso per il diploma.
Io fui molto felice di non essere al suo posto sul podio a parlare. Leggevo nei suoi occhi un po’ di tensione per via del discorso che doveva fare. Così gli diedi una pacca sulla spalla e gli dissi: «Forza, ragazzo te la caverai alla grande!» Mi guardò con uno di quegli sguardi pieni di gratitudine e sorrise mentre mi disse: «Grazie».
Iniziò il suo discorso schiarendosi la voce: «Nel giorno del diploma si usa ringraziare coloro che ci hanno aiutato a farcela in questi anni duri. I genitori, gli insegnanti, gli allenatori ma più di tutti gli amici. Sono qui per dire a tutti voi che essere amico di qualcuno è il più bel regalo che voi potete fare». Guardai il mio amico Alberto incredulo non appena cominciò a raccontare il giorno del nostro incontro. Lui aveva pianificato di suicidarsi durante il weekend. Raccontò di come aveva pulito il suo armadietto a scuola, in modo che la madre non dovesse farlo in seguito. Ecco perché quel giorno rientrava a casa con tutti quei libri. Alberto mi guardò intensamente e fece un piccolo sorriso. «Fui salvato da un amico, che mi sorrise». Udii un brusio tra la gente a queste rivelazioni. Il ragazzo più popolare ci aveva appena raccontato il suo momento più debole. Vidi sua madre e suo padre che mi guardavano con gli occhi pieni di lacrime e mi sorrisero, lo stesso sorriso di Alberto. Non avevo mai compreso la profondità di quel sorriso. Fino a quel momento. •
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