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Riflessioni - Bellezza, la strada verso il Vero

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di Bruno Forte

Fra i pensatori del Novecento è stato Hans Urs von Balthasar ad avere il merito specialissimo di avvertire l’epocale attualità del bello come via per il recupero del vero e del bene in un’epoca tentata dalla rinuncia agli orizzonti di fondazione e di senso: il suo ragionamento è stringente, anche per il nostro presente. 
bell_2201Non basta che la verità sia proposta dall’argomentazione logica e il bene comandato dall’imperativo etico. Occorre che entrambi si mostrino nel loro volto attraente e amabile, perché solo l’amore muove e convince: e l’amore è suscitato e nutrito unicamente dalla bellezza.
Ciò di cui allora c’è urgente bisogno, al compimento della parabola dell’epoca moderna e fra le brume inquiete della cosiddetta postmodernità, è un cristianesimo che recuperi vigorosamente la centralità e la rilevanza del bello: ad un’umanità che tanto intensamente ha sco
perto la mondanità del mondo e 
ha rincorso il progetto di emanciparsi da ogni dipendenza estranea all’orizzonte terreno, è necessario più che mai proporre il Dio in forma umana, lo scandalo al tempo stesso attraente e conturbante dell’umanità di Dio, dove il tutto del Mistero si offre nella debolezza del frammento.
Perché questo ritorno al centro e cuore del cristianesimo non sia frainteso e non avvenga a discapito della Trascendenza libera e sovrana, occorre però riscoprire la gratuità del dono divino in cui consiste propriamente la bellezza, offerta grazie all’avvento dell’Eterno nel tempo. Soltanto chi ha riconosciuto il senso della bellezza nella gratuità dell’avvento paradossale del Tutto divino nel frammento del mondo grazie all’Incarnazione del Verbo, può anche annunciare credibilmente il Dio fatto carne, significativo per l’umanità resa ormai consapevole della piena dignità  di tutto ciò che è storico e mondano e della drammaticità delle sfide poste a questa dignità.
Sarà l’esplicita ed argomentata consapevolezza dell’offrirsi dell’infinito nel finito, e dunque sarà la comprensione estetica della rivelazione e della fede, la via capace di far giungere il messaggio della salvezza al mondo umano, «troppo umano», che è il nostro mondo.
Ciò cui oggi si assiste - dopo il tramonto dei “grandi racconti” ideologici e delle pretenziose “filosofie della prassi” - è il bisognò di un nuovo incontro fra impegno storico e verità, fra “fenomeno” e “fondamento”. È proprio la via della bellezza quella che sembra consentire quest’incontro: si tratta di mostrare come il Cristo non sia solo vero e giusto, ma anche bello (“il bel Pastore” di Giovanni 10, 11.14), e come sia proprio la bellezza a renderlo attraente e significativo per chi cerca ragioni per vivere e vivere insieme con gli altri. •

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In Diretta dal Movimento - Una Esperienza Missionaria

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esp_2101A seguito dell’invito del cardinale Philippe Quedraogo della Diocesi della capitale del Burkina Faso si sono recate in quella città, Maggiorina e Odette, per definire il tipo di collaborazione che come Tra Noi la Comunità aveva bisogno.
Come ricordate già lo scorso anno Antonella aveva inviato a tutti i membri una lettera per questa esperienza che coinvolgeva la responsabilità carismatica. Era stato proprio lo stile di accoglienza vissuto dal Cardinale nell’Hotel Casa Tra NOI, in occasione di un suo soggiorno a Roma, a suscitare in lui il desiderio di animare con questo stesso spirito il Santuario di Notre Dame de Yagma, patrona dello Stato.
Dopo alcuni incontri in Italia era giunto il momento di concretizzare il disegno missionario e così, sono partite il 30 settembre. All’arrivo si sono accorte che era stato già predisposto, con premura e cordialità, tutto il programma per il loro soggiorno.
La prima sera sono state a cena dal Cardinale e hanno conosciuto il Rettore del Santuario, il segretario del Cardinale e due sacerdoti diocesani.
Dopo aver puntualizzato alcuni dettagli del programma si è stabilito di incontrarsi con gli “attori” (i responsabili) e i volontari del Santuario stesso per cercare di definire quanto è necessario per avviarne il funzionamento.
Con il Rettore ed i diretti responsabili anche tecnici e amministrativi, dopo aver visitato il Santuario e l’enorme distesa di terreno ad esso annesso, si sono incontrati sottolineando soprattutto l’accoglienza e gli alloggi da predisporre per i grandi pellegrinaggi di tutto lo Stato previsti molto numerosi a febbraio ed agosto.
Ancora esiste solo la costruzione molto grande, manca completamente l’arredo e la ristorazione, prevista per cinquecento persone con tre turni al giorno, è carente di attrezzature adeguate.
Si è molto parlato della esigenza di formare tutto il personale, anche volontario, che già appare molto interessato e desideroso di prestare un servizio qualificato nel Santuario, pur avendo notato che i responsabili già partecipano a due periodi di formazione annuali.
esp2_2101È ovvio che prima di ogni cosa bisogna pensare alla struttura, ma contemporaneamente rendere partecipi tutti in modo che sentano di essere protagonisti di un progetto di accoglienza che aiuti a vivere e diffondere una fraternità universale. 
Il Paese è molto povero - tra i più poveri del mondo - e come molti popoli dell’Africa alla costante ricerca di una propria identità per evitare le guerriglie etniche e tendere insieme ad un miglioramento delle condizioni di tutta la comunità.
Sono in maggioranza musulmani ed il Santuario vorrebbe essere un faro che propone una nuova umanità, intercedente Maria, la Madre, capace di uno sviluppo anche sociale che pone al centro la persona e la sua dignità.
Ci auguriamo che altri membri rispondano a questo impegno del Movimento, vissuto da Maggiorina ed Odette ed accompagnato dalle preghiere di tutti: dall’Italia all’Africa, dall’Africa all’Italia.



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L'angolo dell'arte - La famiglia nell'arte

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Da sempre la famiglia ha rivestito un ruolo fondamentale nelle società di qualunque popolo: essa è la risposta all’esigenza profonda dell’uomo di condivisione della vita.
arte1_1801Restando nell’area occidentale, sia nella civiltà greca che romana la famiglia era Istituto pubblico, in quanto ritenuto il fondamentale garante della nascita dei figli e prosecuzione della specie, con Ordinamento di tipo patriarcale. Nucleo centrale sono i coniugi (Pater familias e Domina), i figli e quindi tutte le persone viventi nella “Domus“.
Ciò che adesso viene chiamata famiglia allargata, asserendo corrispondente a quella indicata nelle norme del diritto greco e romano è un falso. Infatti ci si riferisce a quello che era il concetto di “Gens“ (Genos in greco) e cioè l’insieme di gruppi di famiglie che si riconoscevano in un origine comune, quindi legati da vincoli di parentela.
Il tema famigliare è stato sempre molto presente nella storia dell’arte. L’itinerario artistico offre uno sguardo sulla famiglia non solo quale istituzione condizionata e soggetta al contesto storico-sociale, ma ne dà una rappresentazione che via via evolve nei secoli per raccontarne la dimensione materna, umana, fino a diventare espressione di amore e accoglienza.
In un breve excursus storico ne riportiamo alcuni significativi esempi:

arte2_18011° Un’opera moderna ma riferita ad una antichissima mitica storia, a narrarla Virgilio nel suo poema epico L’Eneide (I° sec. A. C.) Fuga di una famiglia da Troia in fiamme ( 9° Secolo A. C. ) - Enea con la moglie Creusa, il figlioletto Ascanio e il padre Anchise.
Durante la fuga l’eroe si accorge di non avere più la moglie dietro di sè. Disperato torna a cercarla, grida il suo nome, gli appare l’ombra di Creusa, la scena è intensa e commovente. Ella lo conforta con le parole dolci e amorevoli di una sposa e gli rivolge una esortazione ricca di un amore struggente per la famiglia: “che si prenda cura del figlioletto“ e di “conservarne l’affetto“ come se lei fosse loro, ancora e sempre, accanto.
Sandro Chia, pittore, scultore fiorentino, rappresenta il dramma di questo mitico eroe in un grande gruppo di bronzo formato da Enea con sulle spalle l’anziano padre e accanto Ascanio. L’opera spicca luminosa davanti l’ingresso di palazzo Valentini a Roma dove vi fu posta il 14 ottobre del 2005.
Enea, profugo, insieme alla sua famiglia, dal suo paese distrutto dalla guerra, Enea straniero, mito che diventa storia, ha perduto la sua patria e cerca una terra sulla quale costruire una nuova vita per sè e i suoi discendenti, sulla base degli ideali di pace e civiltà.

arte3_18012° L’ Ara Pacis Augustae (L’ altare della pace di Augusto, fine I° sec. A.C.)
Monumento voluto dal primo Imperatore di Roma Ottaviano Cesare Augusto, dedicato all’ordine e alla pace del suo impero. Composto da un recinto perimetrale che racchiude al suo interno l’altare in un magnifico marmo lunense (dalle cave di Carrara), splendidamente decorato in ogni sua parte.
Lungo i lati nord e sud del recinto, vi è rappresentato un lungo corteo interpretato come la cerimonia relativa all’Inauguratio del monumento (4 luglio del 13 A. C). Esso è aperto dai Littori, prosegue con i Collegi sacerdotali, le massime Magistrature e si chiude con la famiglia dell’Imperatore: Augusto, la moglie Livia, la figlia Giulia e gli altri figli adottivi, quindi i personaggi appartenenti alla sua Gens in stretto ordine dinastico. Una chiarissima esplicitazione della concezione della famiglia nel contesto della società romana.

arte4_18013° La famiglia patriarcale alla fine del Quattrocento (primi anni del rinascimento):
La Camera degli Sposi nel Castello di S. Giorgio a Mantova, capolavoro di Andrea Mantegna 1474.
L’affresco è una celebrazione politico dinastica dell’intera famiglia di Ludovico Gonzaga: il marchese al centro su un trono, accanto la moglie Barbara di Brandeburgo, i figli e quindi tutta la corte.
Ma non si può parlare di famiglia nell’arte senza citare la famiglia per eccellenza composta da ”Giuseppe, Maria e Gesù“.
Infinite sono le rappresentazioni, ne citiamo solo tre:
Caravaggio (1595) poco più che ventenne riporta il sacro sulla terra con “Il riposo durante la fuga in Egitto”: l’artista descrive un momento intimo della vita famigliare e Gesù è un bambino paffuto dalle guance rosse lontano dalle ieratiche rappresentazioni medioevali.
Il“ Tondo Doni “(1504) di Michelangelo Buonarroti.
Unica opera su supporto mobile certa e compiuta dell’artista. Un dipinto a tempera su tavola (Diametro 120 cm.) conservato nella cornice originale, disegnata dallo stesso Michelangelo, nella Galleria degli Uffizi a Firenze. Realizzato in occasione, probabilmente, del matrimonio del ricchssimo banchiere fiorentino Agnolo Doni con Maddalena Strozzi.
La Sacra Famiglia è posta al centro del tondo e tutta la scelta figurativa è legata alla volontà dell’autore di conferire monumentalità all’immagine, pur cogliendola in un momento di gioiosa intimità.
Michelangelo dà corpo e volume ai personaggi, quasi sculture in movimento, la torsione del busto della Madonna trasmette un senso di moto assolutamente innovativo, I colori sono vivaci, luminosi e freddi.
arte5_1801Ma l’artista è riuscito in questo spazio limitato a raccontare la storia della Religione Cristiana.
Ad una lettura attenta dell’opera, si vedrebbe in essa l’arrivo dell’età di Cristo che elimina definitivamente quella pagana simboleggiata dagli ignudi presenti in secondo piano e, il muretto, rappresenterebbe il confine tra passato e presente e, lo stesso S. Giovannino l’anticipatore dell’avvento di Gesù.
Infine ecco un’opera contemporanea:
Il “Gruppo di Famiglia“ (1950) dello scultore Henry Moore.
Grande artista del ‘900, nato a Castleford nello Yorkshire, divenuto famoso per le sue opere in marmo e bronzo di grandi dimensioni modellate in forme sinuose.
La grande scultura è collocata presso la Barclay school a Stevenage (U. K.)
Le sculture di Moore sono statue archetipiche: il monumentale gruppo famigliare non è una famiglia ma l’idea stessa di famiglia.
Un uomo e una donna seduti e separati, ognuno con il proprio “io“, tra loro però, la figura di un bimbo, punto di unione, sorretto dalle braccia dei genitori, la cui linea delle spalle e delle braccia forma il simbolo matematico dell’infinito, come dopotutto è indissolubile e infinito il legame che si crea all’interno di qualsivoglia famiglia! •

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Il Racconto - Lupo dei boschi

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di Cosetta Zanotti

racc_1801ue pastori conducevano il loro gregge nei pressi del paese di Greccio.
Era un gelido giorno di dicembre. Le pecore infreddolite procedevano a piccoli gruppi. Lupo, affamato, le osservava da lontano tra gli alberi e attendeva il momento giusto per attaccare.
«Che stanno dicendo i due pastori?»
chiese una pecora alla sua compagna.
«Che oggi dobbiamo andare tutti al paese»
rispose l’altra.
«Fa così freddo che me ne sarei rimasta volentieri nell’ovile. Che ci sarà di così importante da farci uscire con questo gelo?».
«Bee - belò la terza pecora -. Francesco ci aspetta tutti a Greccio, bestie e uomini. Sembra che oggi debba succedere qualcosa d’importante».
Poco dopo, in una fattoria vicina, il tacchino udì il contadino parlare con i propri figli:
«Andate in paese e dite che sto arrivando col bue!».
L’uomo entrò nella stalla, armeggiò con gli attrezzi e infine, con un’insolita calma, legò il bue e lo condusse fuori nel cortile dicendogli:
«Francesco ci aspetta!».
L’animale mugghiò come se avesse capito e sprigionò dalle narici una nuvola densa e calda.
«Strana, veramente strana la partenza del bue»
gloglottò il tacchino, rivolgendosi al maiale beatamente steso tra la paglia.
«Strana davvero - grugnì il maiale - il bue non ci ha avvisato del suo viaggio.
Speriamo che non vada dal macellaio!».
Lupo, intanto, mimetizzato tra gli alberi, si avvicinava piano piano al sentiero mentre il vento, affilato come una lama, sferzava il suo muso ormai coperto da un fine strato di gelo. In quello stesso momento, in un’altra stalla, conigli e galline chiusi nei loro ricoveri osservavano curiosi il contadino che legava l’asino e lo conduceva fuori. Giovanni, così si chiamava il contadino, stava raccontando alla moglie di Francesco, figlio di un ricco mercante di Assisi, che aveva scelto di vivere con i più poveri.
Quel giorno gli aveva chiesto di portare l’asino a Greccio, perché la bestia serviva per fare una cosa molto importante. Lupo li vide prendere il sentiero.
Li seguì con lo sguardo, finché non scomparvero dietro gli alberi.
Tutto intorno era silenzio.
L’odore dei polli e dei conigli rimasti incustoditi incendiò i suoi occhi. Un lupo è sempre un lupo, si sa! E quando la fame ti mangia lo stomaco, niente ti ferma, così Lupo, adocchiate le prede, fece un balzo subito interrotto da una voce: «Lupo! Che fai, non vieni a Greccio?».
Il fuoco negli occhi si spense e Lupo sgattaiolò di nuovo tra gli alberi, impaurito. Si fece coraggio e anche lui imboccò il sentiero verso il paese.
Un grande senso di pace contornava il piccolo spazio dove uomini e bestie si erano riuniti. 
Francesco era tra loro. Parlava a tutti chiamandoli fratelli, mentre lacrime di gioia e commozione scendevano fitte dalle sue guance. «Anch’io vorrei... Ma questo non è posto per me» sospirò tristemente Lupo. E si riavviò mestamente verso il bosco. «Lupo, perché non resti?» chiese di nuovo la voce. Lupo si fermò di nuovo, impaurito. Udì dei passi. La voce di Francesco, calda come una carezza di sole che spezza il gelo, disse: «Fratello Lupo, eccoti finalmente! Non avere paura, vieni, il bambino Gesù ci sta aspettando». •

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