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Gocce di Spiritualità - Maria di Nazareth

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Una donna per tutte le stagioni

Don Marco Pozza

L’annunciazione di Dio a Lucifero: “Lavori in corso”
Alla fine Gli riuscì di stupire addirittura se stesso, superando la percentuale di bontà che era riuscito a cogliere nei primi cinque giorni di lavorazione: «Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona» (Gen 1,31). Al tramonto del quarto giorno tutto Gli parve buono: il firmamento, le luci, le acque, l’asciutto, gli uccelli volanti e quelli guizzanti.
La terra con tutte le sue bestie: «E Dio vide che era cosa buona» (1,12). Fu l’uomo a costringerlo ad un raddoppio di bontà: non buono, molto-buono. D’allora, quando il Cielo parlerà dell’uomo gli aggettivi andranno supportati dai gradi: (buono), molto buono, più-buono-di, buonissimo, il più buono. Per l’uomo, Dio accettò di giocarsi la faccia: «Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza» (1,26). Venne al mondo ad immagine di Dio, immaginato da Dio: prima di creare, Dio immagina. È criterio d’artista. 
Un riverbero di Dio quaggiù Lucifero non poteva accettarlo.
Lui, l’intelligenza decaduta, a quell’annuncio di presenza capì solamente che non avrebbe capito più nulla. Eccetto che quell’opera d’artista andava subito rovinata. Mise mano al suo arnese preferito, il sospetto, e iniziò a sferragliare il cuore: «È vero che Dio ha detto?» (3,1).
Hanno-detto, sento-dire, mi-hanno detto: 
Satana non ama andare alla fonte, nemmeno metterci la faccia in diretta.
Per allarmare la bestia, 
basteranno le confidenze di chi si ama: “Quell’albero rimarrà il nostro segreto”, giacchè in ogni amore sono nascosti dei segreti. Lucifero non l’accetterà: un segreto è una potenziale minaccia. «Non morirete affatto. Anzi, diventereste come Dio» (3,5). Quello che Adamo ed Eva fiutarono, fu il tranello di un mezzoinganno: che Dio fosse geloso della loro felicità. Che non volesse affatto che Gli somigliassero. La bestia, gelosa, attaccò e intaccò la Creazione. Sorse la prima forma di dittatura: i secoli l’additeranno come la forma di governo-degli-incapaci.
Il Cielo, svelata la truffa, si rimboccò le maniche.
Mandare gambe all’aria il tutto sarebbe stato semplice. 
Dio scelse di rimanere Signore: accettò, suo malgrado, l’invito alla guerra di Lucifero. Mostrò di avere gusto: scese in guerra con una Donna, l’unica contro la quale Satana non calcolò d’essere sguarnito: «Questa (donna) ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno» (3,15). Dio vide che era cosa molto-buona l’aver reagito così. Fu l’annunciazione di Dio a Lucifero: “Hai voluto tu farmi guerra”. Quella Donna, per Satana, è un cartello: “Lavori in corso”.

Passi di donne, assaggi di Dio
Dio ha scelto la strategia: andrà in guerra con una Donna, la cui forza sarà il suo nascondimento: “La sento dappertutto, ma non riesco a vederla” fu, da quell’istante, il cruccio del Demonio. Il Cielo, dunque, evitò i carri-armati e reagì a colpi di fioretto. Quella Donna – che un giorno, incapaci di misurarla con le misure delle altre donne, chiameremo (Ma)donna – il Cielo scelse d’annunciarla nascondendola sotto mentite spoglie. La Scrittura è la più grande raccolta di ritratti di donne: femmine innocenti, seduttrici, ispirate, concubine, fidanzate, vedove, profetesse.
Guerriere audaci. Tra queste, alcune annunciano d’essere eccellenza, per quell’arte di saper inventare una strada quando per il maschile non ci sono più strade. Sono donne-liberatrici: coraggiose, virtuose, avvenenti. Il loro compito è difendere Israele dagli attacchi del Serpente, dei suoi ministri: Debora combatte contro i Cananei, Giuditta fa-guerra all’invasore Assiro, Ester lotta contro il perfido Aman. Anche altre, forti di una bellezza mai per nulla banale: Sara, Rebecca, Rachele, Abigail, la Sunamita, Noemi, Ruth.
Donne coraggiose, madri-coraggio: essere donna è essere guerriera. Punto.
Ciascuna ha vissuto con un nome proprio cucito addosso: il Cielo accreditò loro una somiglianza con Maria. 
Albero_1701Nella loro femminilità il Cielo nascose una sorta di anticipo della grazia della Nazarena. Furono annuncidi- guerra: fosse stato scaltro, Satana avrebbe capito che Lei c’era anche quando lui non s’accorgeva. Il primo annuncio fu il pegno per aver insegnato all’uomo a sospettare: «Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe» (Gen 3,15). Passarono anni da quel giorno e Isaia confermò l’affetto di Dio per la dinastia di Davide tirando in ballo ancora la Donna: «La vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele» (Is 7,14). Poi toccò a Michea, all’indomani della scomparsa della monarchia: «Perciò Dio li metterà in potere altrui fino a quando colei che deve partorire partorirà» (Mic 5,2). Un annuncio di sventura: schiavitù, gattabuie, lacrime, poi arriverà Lei. Già la invocano, senza citarla. Lei già mostra di saper vivere nell’ombra, di stare a suo agio dietro le quinte delle vite altrui. Quando s’accenderanno le luci di casa sua, già si parlava di lei da tempo. Era già risaputa e apprezzata quella sua capacità di stareal- suo-posto: modesta, silenziosa, obbediente. Presente anche quando pare assente: «I libri dell’Antico Testamento, come sono letti nella Chiesa e sono capiti alla luce della piena Rivelazione, passo passo mettono sempre più chiaramente in luce la figura di una donna: la Madre del Redentore» (Lumen Gentium, 55).
Quel volto era sulla bocca di tutti. Sul bordo del Mistero: nei sogni di Dio.

La ri-creazione di Dio in una casa di Nazareth
maria_1701Nazareth era una terra di frontiera. Lì Maria si fece carne: nacque al mondo in piena periferia, dentro una storia anonima, confusa nel vociare giovane delle sue amiche. Pochi s’accorsero di Lei: è tipico del Mistero di Dio passeggiare in borghese, muoversi in maniera sommessa, entrare-uscire in punta di piedi dagli affari mondani. Erano tempi, a Nazareth, in cui si tiravaa- campare, nonostante nessun popolo fosse mai stato avvertito come quello d’Israele: “Lavori in corso”. 
Pochi ancora ci credevano e Satana sguazzava: «Sola, nella notte di rovina e di spavento restavi tu, Maria» (A. Pozzi) Che pochi diano credito alle promesse di Dio è il sogno che gli arderà sempre nel cuore. Che sempre contraccambierà: «Diventerete come Dio».
L’apparente ritardo della risposta del Cielo allo sgarbo di Satana, fu l’attesa dell’attimo migliore: quello che fa di un giorno qualsiasi un giorno che nessuno scorderà. Poi, maturato il tempo, per chi ha mira basterà un colpo solo. A Nazareth, quel giorno, il tempo era diventato maturo. Il calendario segnava che si era nella pienezza dei tempi. L’attimo esatto, dunque. La memoria della ferita della Genesi ancora ardeva: aver ficcato nell’uomo il sospetto della gelosia di Dio, fu uno sgarbo ignobile. La creazione venne striata: Satana festeggiò. Dio, attaccato, alla resa preferì la rosa, nonostante le spine della disobbedienza. S’inventò un modo suo per fare guerra, senza smarrire la signorilità: si mise in testa di fare la ri-creazione. La creatura non sarà gettata, sostituita: verrà riparata, ri-creata. I lavori di ricreazione iniziarono a Nazareth: s’affidò ad un Donna della quale, nel passato, aveva già ritratto la fisionomia nel destino di altre donne. Poi «venne la pienezza del tempo»: allora «Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la Legge, per riscattare coloro che erano sotto la Legge» (Gal 4,4). 
A Satana non rimase che il terrore: quella minacciadi-morte è ancora oggi, per lui, il ricordo di ciò che gli spetterà. Lui contro tutto il resto: la donna, la sua discendenza, tutta la loro fantasia della carità. Del grembo di quella donna Dio fece la pista d’atteraggio per il Figlio, l’Amato. Lui: senza peccato, nulla potrà Satana. Lei: preservata dal peccato, le galanterie di Lucifero le faranno poco più che solletico. Assieme: nei giorni di vigilia ci sta lei, nei giorni di festa Lui.
Così reagì che il Cielo alla creazione-striata: con una ri-creazione. Su basamenti solidi: nel loro cuore il male non potrà mai fare nulla.
A Nazareth Dio rimise mano alla sua ostinazione d’amore: mostrare come lui ancora immagina l’uomo, la donna. Il Figlio l’attaccheranno al patibolo, la Madre del Figlio la faranno morire a colpi di strazio, d’indifferenza.
Questo faranno gli uomini. Dio, nel frattempo, non starà con le mani-in-mano: il Figlio lo risusciterà, la Madre del Figlio la riporterà in Cielo ancora immune della menzogna. Sarà il primo caso di assunzione a-tempo-indeterminato. Sulla traiettoria di certe storie, Satana ha una libertà d’azione inversamente proporzionale al suo orgoglio.
Un pugno di polvere che lui amerà vendere col valore dei diamanti.

Ripetizioni pomeridiane a Fatima
Dopo l’Assunzione, il suo volto è dappertutto: nelle faroniche cattedrali, nelle minuscole chiesette, a Notre- Dame e Chartres come sulle alte vette, nei fondali degli abissi. Nella roccia, nel marzapane, nella pelle: conosco galeotti-da-trivio che bestemmiano il Figlio ma sulla pelle hanno tatuato il volto della Madre. 
Il più bell’articolo di fede in lei è lo stesso degli inizi: «Orsù, dunque, avvocata nostra, rivolgi a noi gli occhi tuoi misericordiosi».
Avvocata di noi: la garante che, 
anche se dentro gli accerchiamenti del male, saremo pur sempre dentro lo sguardo del Figlio: «Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto il fico» (Gv 1,48). Tutto, dunque, come prima degli anni in cui mise-su-famiglia quaggiù in terra. Prima di Nazareth s’adombrava in volti anonimi di donne-di-liberazione: dopo Nazareth tornerà a mostrarsi sotto le nuove vesti delle apparizioni. Ancora assente, ancora presente. A condividere col Figlio suo la medesima strategia di seduzione: l’assenza come una forma di una presenza ancor più ardita.
Come cent’anni fa, Fatima: un pugno di case di campagna, le vesti cenciose di tre bambini al lavoro con le bestie, l’annuncio di una presenza: «Non abbiate timore. Non vi farò del male» Prima era apparsa al Pilar, Laus, La Salette, Lourdes, Champion, Pontmain, Gietrzwald, Knock. Dopo apparve ancora a Beauraing, Banneux, Amsterdam, Akita, Betania, Kibeho. L’uomo la invoca e lei risponde: oltre duemila apparizioni, quindici quelle riconosciute dalla Chiesa. Lei mantiene la promessa. Quando appare, non aggiunge nulla a ciò che ha detto il Figlio: il massimo di tutto ciò che Dio voleva dire e dare all’uomo – come segno di appartenenza reciproca – lo ha detto, lo ha dato nella storia del Nazareno. In questa storia, quando appare, Maria tiene delle ripetizioni-pomeridiane: prende il messaggio del Figlio – “Il Regno è vicino: mutate la bestia in angelo, gente” – e lo spiega con più dolcezza, porta ulteriori esempi, siede accanto perchè nulla vada perduto di tutto ciò che ha detto. Appare qui, appare là, appare ovunque: le ripetizioni-pomeridiane Maria ama farle di casa-in-casa, a domicilio. Siccome nessun figlio è mai uguale all’altro, anche il suo modo di far ripetizione sarà fatto su misura di chi la invoca: a Fatima appare così, a Lourdes appare colà, al Pilar diversa ancora. La chiamano così tanto Madre che certe volte quasi sbagliamo nel farci il segno della croce: «Nel nome della madre» (E. De Luca).
Da Nazareth fino a casa mia: è la storia di una donna per tutte le stagioni. •

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Nello Spirito di don Orione - Carità! Carità! Carità!

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Fam_1701Un Dio, che nasce nella povertà per vivere nel dolore, ci insegna ad amare la povertà e le croci. Gesù nacque come un povero in una grotta nuda, aperta ai venti e, non nato ancora, già era bandito dal civile consorzio.
Egli fu respinto fuori, all’aperta campagna: più pii furono a Lui il bove e l’asinello! Ma il suo amore trionfa! Il Natale ci fa sentire qualche cosa dell’infinita carità di Gesù, che cerca di farsi amare con una bontà suprema e una delicatezza infinita, sin dal suo nascere. Quante lezioni di umiltà, di fede, di semplicità, di povertà, di obbedienza, di abbandono alla Divina Provvidenza ci dà Gesù dal presepio!
Soprattutto, Gesù dal presepio ci grida: «Carità! Carità! Carità!».
Vita di carità: tutto il Vangelo è qui, tutta la vita e il cuore di Gesù è qui: Deus charitas est!
La carità è la più nobile ed eccellente di tutte le virtù: è il principio e la sorgente di tutti i nostri meriti. La carità, infusa nei nostri cuori dallo Spirito Santo, è virtù per cui noi amiamo Dio per Se stesso e il prossimo per l’amore di Dio.
Essa è nota distintiva dei discepoli di Gesù Cristo, è il precetto massimo e proprio di Cristo. E il Natale ci manifesta «la grande carità di Dio verso di noi, che ha mandato l’Unigenito suo nel mondo, affinché noi viviamo per Lui» (cfr. lGv 4,9). 
Orbene, o miei Cari, teniamo dietro alla carità, e terremo dietro a Gesù. Viviamo dei suoi Comandamenti, seguiamolo da vicino nella pratica dei suoi Consigli evangelici, e camminiamo nell’amore di Dio e del prossimo, accesamente, imitando Cristo, che per primo ci ha amato, e tanto ci amò sino a morire per dare a noi la vita.
Carità! Carità! Carità! Questo solo ci stia a cuore, o figliuoli, poiché solo nella carità arriveremo alla santità, che è la volontà del Signore: «Haec est voluntas Dei, sanctificatio vestra» (lTs 4,3).

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Politica - IERI, OGGI E DOMANI

Ultime notizie

di Armando Caropreso

Viviamo momenti certamente molto difficili: i poveri sono aumentati, la ricchezza si è accentrata sempre più in poche mani, che sfuggono al controllo degli Stati.
Ciononostante, questi tempi non sono paragonabili al dopo guerra, dove vi era veramente la fame, portavamo abiti rattoppati, scarpe rotte; i palazzi erano stati rasi al suolo dai bombardamenti e, quindi, le condizioni abitative erano precarie e insufficienti per la popolazione rimasta in vita. Ma vi era la volontà, la speranza, di costruire un domani migliore: c’era una rinascita culturale, un fervore, cioè un domani, per noi, per i nostri figli, almeno così pensavamo. E giorno per giorno, ci siamo rimboccati le maniche e abbiamo lavorato: purtroppo non tutti per il bene comune, sovente per speculare sui più deboli e bisognosi.
europaSiamo usciti dal dopo guerra da una dittatura che ci trattava da sudditi e pensavamo che con la Repubblica saremmo diventati cittadini con pieni Diritti e di poterci scegliere la nostra vita, il nostro avvenire.
Così non è stato. Ci sono volute lunghe lotte, tanti sacrifici semplicemente per avere una parvenza di cittadinanza e di diritti. Di fronte ci siamo trovati ostacoli creati ad arte per ritardare le nostre conoscenze, che ci avrebbero resi più coscienti della strada da intraprendere.
Le sirene erano molte e il popolo si è lasciato incantare, cosa che avviene tutt’oggi, dividendosi in mille rivoli, in tante fazioni, perdendo così l’unica sua forza, vale a dire l’unità e la solidarietà. Negli ultimi anni, in un parossismo di potenza, ancora una volta, ci siamo fatti prendere dal canto delle sirene e nessuno o pochi, hanno pensato di mettersi i tappi nelle orecchie, così come fece Ulisse per non essere ammaliato da quel dolce canto, e abbiamo distrutto senza distinzione strutture Istituzionali buone e cattive, lasciando i burocrati a gestire, senza un vero ricambio senza indirizzi chiari.
Mentre i buoni e capaci si sono sempre più ritirati nel loro cantuccio, delusi, sovente impauriti di essere coinvolti in questa lotta per bande.
Ora eccoci qui, in mezzo al guado, con i nostri figli che scappano all’estero per avere un loro domani e ci guardano come degli incapaci che non hanno saputo prevedere quello che sarebbe accaduto.
Il liberismo ci ha portati alla globalizzazione che ha sovrastato i singoli Stati, sottomettendoli con la sua potenza economica, mentre noi, in ritardo, non si capisce se per incapacità o scelta, siamo ancora a discutere “Europa si oppure no”, senza comprendere che il mondo si è già diviso in grandi blocchi proprio per difendersi dalla globalizzazione oppure attraverso essa per dominare gli altri. Quindi non è il blocco Europa che deve essere in discussione, ma qual’ è lo spazio che abbiamo al suo interno.
Indubbiamente la situazione attuale di grave sofferenza è anche imputabile alla nostra classe politica che ha delle grandi responsabilità nella cattiva amministrazione delle finanze che ha creato un alto debito. Una delle tante cose che saltano agli occhi è, per esempio, la non coerente attività legislativa che, senza avere una visione di riordino complessivo, promulga leggi non semplificando nè abrogando. Sovente ci ritroviamo così con sentenze dei giudici che si rifanno a leggi ante Repubblica, obsolete, astruse nella loro scrittura, perché esse non sono mai state abrogate dal legislatore. Ancora, mentre viene insegnato che i livelli del giudizio sono due, la prassi e la furbizia (tollerata) degli avvocati li hanno fatti diventare tre, con la Cassazione, poi eventualmente la Corte Costituzionale e poi anche quella Europea, ovviamente per chi ha i soldi. Dopo il parere contrario e mentre si sta scontando la pena, c’è sempre la possibilità della Riabilitazione, che addirittura cancella completamente la condanna e tutte le sue conseguenze.
Se la matematica non mi inganna, i livelli giudiziari così sono sei e la legge non è più uguale per tutti.
Altro aspetto non marginale è che il nostro paese non ha mai avuto grandi risorse energetiche: perciò le nostre industrie hanno costi più alti per la trasformazione delle materie in merci. Premesso che sono contrario all’energia atomica, sia per la sicurezza che per la difficoltà di avere siti sicuri per lo stoccaggio delle scorie, vista anche la morfologia della nostra terra, non si comprende perché, quando la tecnologia ha messo a disposizione le energie solari e le altre fonti energetiche, anziché aiutarla a svilupparsi a livello concorrenziale si è voluta quasi affossare, al punto tale che la Cina ci ha superati con una qualità inferiore.
E pensare che la nostra industria in questo campo, inizialmente, era all’avanguardia e questa era la prima volta che avremmo potuto avere energia a costi inferiori, non inquinante, anche perché il nostro paese ha più giorni di sole di ogni altro paese europeo. Sorge il dubbio che la scelta di non privilegiare le energie solari sia dovuto al fatto che sulla benzina vi sono tante tasse che lo Stato incassa, che altrimenti non saprebbe dove prendere!
Inoltre non è accettabile che il nostro paese diventi dipendente soltanto da un’economia turistica e dei servizi, così come subdolamente sta avvenendo, perché leggi e regolamenti hanno permesso che non avessimo quasi più un’industria, passati in gran parte in mani straniere o delocalizzate. Questi ultimi sono solamente aspetti esemplificativi di come si gestisce la cosiddetta “cosa pubblica” cioè quelle scelte governative che dovrebbero indirizzare un popolo al suo futuro.
Emerge con forza dal quadro delineato l’esigenza di una rapida radicale inversione di rotta, confermando la permanenza nell’euro e in Europa che ci ha garantito pace e stabilità. Abbandoniamo quella politica che alimenta il rancore e l’invidia sociale, nonché la paura del diverso, fortemente incentivata e poi cavalcata a fini elettorali.
Certamente dobbiamo lottare per apportare necessari cambiamenti nella visione europea, senza grotteschi sforzi muscolari che servono unicamente al consenso interno.
In fondo basterebbe “semplicemente” che i politici, soprattutto quelli che si dichiarano cattolici, uniformassero la loro azione alle parole e agli insegnamenti del Papa e ciascuno di noi facesse la sua parte. Ho sempre avuto un sogno, un’Italia più coesa nei suoi interessi, dove il domani si costruisce insieme, dove i talenti vengono premiati e la solidarietà verso tutti quelli che hanno bisogno sia pratica quotidiana. •
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Chiesa - Si Fece Povero

Ultime notizie
È il grande mistero del Natale, ma anche il richiamo, specialmente ai cristiani,
di gridare sui tetti la condizione angosciata dei poveri che tutto il sistema
di potere nel mondo causa e occulta.


Ges_9.01I poveri sempre più poveri ed i pochi ricchi sempre più ricchi, sono le grosse storture che la globalizzazione ha portato ancor di più in evidenza. E al grido dei poveri fa eco il messaggio di papa Francesco che ripropone il problema della povertà nel promuovere un’azione anche all’interno della Chiesa per alleviarla e operare per dirimere le cause che la provocano, perché frutto di ingiustizia, avidità ed egoismo.
Ma quello che più affascina nel messaggio del papa e che risulta più coraggioso ed impegnativo anche per il nostro Movimento è la provocazione a considerare non in astratto e razionalmente la povertà, ma piuttosto parlare e considerare i poveri, ossia le persone che vivono nel bisogno, qualsiasi tipo di bisogno che imprigiona.
Siamo chiamati, ciascuno nel proprio ambito e situazione, a procedere ad una liberazione, appassionarci ad un processo che toglie il bisogno, almeno nelle forme più macroscopiche, per rendere la dignità alle persone ed integrale nella società.
Non è solo un alleggerirsi della coscienza con l’elemosina, ma assumere l’onere del bisogno dell’altro e tentare, per quanto possibile, di eliminarlo promuovendo parallelamente le potenzialità, anche se minime, della persona che si riscatta dal pressante bisogno.
povero_9.01In questo senso, ripensando a quanto il nostro fondatore, don Sebastiano Plutino, ha operato all’inizio del nostro Movimento, con la categoria delle domestiche, riscopriamo questo valore di un impegno alla liberazione dal bisogno, dalla dipendenza, dall’atrofia umana.
Certo innanzitutto togliere materialmente il bisogno: dare pane all’affamato….ma subito dopo aiutarlo a guadagnarsi il pane, non solo ma a riscattare all’epoca, tutta la categoria dalla sudditanza dell’analfabetismo e dalla mancanza di coscienza di essere lavoratrici con una tutela, anche giuridica dei diritti e doveri conseguenti al lavoro stesso.
Una liberazione dal bisogno che si fa anche promozione della persona, riscatto della propria ed altrui dignità. Il povero infatti grida non solo perché è privo di beni essenziali e di mezzi, ma perché è discriminato, scacciato, umiliato, oggi naufrago o addirittura fronteggiato da eserciti se si mette in marcia.
Per evidenziare tutto questo il papa ha indetto la giornata del povero - domenica 18 novembre era la seconda - al fine di sensibilizzare all’esigenza di liberare il povero. Certo ci vuole un reddito, un lavoro, una casa ma deve essere una liberazione perché la povertà, dice il papa, è una prigionia.
Ha messo in contrapposizione, nella condizione del povero, non la povertà e la ricchezza, ma la prigionia e la liberazione. Specialmente per i tranoisti è un richiamo molto forte per la coerenza del proprio essere e quindi ascoltare e farsi eco del “grido dei poveri” per non lasciarlo cadere nella indifferenza generale.
papa_9.01Ma aggiunge “è il silenzio dell’ascolto ciò di cui abbiamo bisogno per riconoscere la loro voce e rispondere con una partecipazione piena d’amore alla condizione dei poveri, tenendo conto che non hanno bisogno di un atto di delega, ma di un coinvolgimento personale”.
Solo così possiamo contribuire a liberare il povero.
È a partire da questa vicinanza concreta e tangibile che prende avvio un genuino percorso di liberazione”.
Ogni cristiano e ogni comunità sono chiamati ad essere strumenti di Dio per la liberazione e la promozione dei poveri, in modo che essi possano integrarsi pienamente nella società; questo suppone che siamo docili e attenti ad ascoltare il grido del povero e soccorrerlo”.
Davanti ai poveri non si tratta di giocare per avere il primato di interventi, ma possiamo riconoscere umilmente che è lo Spirito a suscitare gesti che siano segno della risposta e della vicinanza di Dio… I veri protagonisti sono il Signore e i poveri. Sono questi che ci evangelizzano, aiutandoci a scoprire ogni giorno la bellezza del Vangelo”.
Gesù si è fatto povero, vuole che anche noi assimiliamo i suoi sentimenti e, alla scuola dei poveri, ci disponiamo a servirli con mente e cuore grande, facendoci poveri noi stessi per dare il giusto e vero senso alla ricchezza e testimoniare nel mondo che siamo tutti debitori dei poveri “sostenendoci nella fede, rendendo fattiva la carità e abilitando la speranza a proseguire sicura nel cammino verso il Signore che viene”. •
Antonella
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